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mercoledì 10 settembre 2014

Tavola, mensa, banchetto, simposio... luogo fisico e simbolico.



Volutamente, in un contesto squisitamente profano, tralascio, perché sarebbe necessario un discorso a parte, ogni riferimento alla cultura ebraica ed alla fede cristiana, per le quali il cibo occupava ed occupa un posto simbolico primario in cui si manifesta il sacro e si vive la storia della salvezza: il frutto proibito, il vino di Noè, la manna nel deserto, l’agnello pasquale… e soprattutto il  primo miracolo (le nozze di Cana), l’ultima Cena e la mensa eucaristica. 

La mensa ha un significato religioso 
nel contesto ebraico e cristiano...
(Caravaggio, Cena in Emmaus, 1601)
Anche nella universale storia umana il banchetto è sempre stato il più importante momento  della vita sociale e collettiva.  Già Esiodo dichiarava che  sia gli dei sia gli uomini prendevano a tavola le grandi decisioni che segnavano il destino dei popoli. E’ ciò che succede tuttora: i trattati tra le nazioni, i “g8” o  i “g7” o i "gx", i grandi convegni  trovano nella tavola il loro apice e la loro conclusione.

... ma assume anche un significato che riguarda 
tutta la storia umana...
(Tiziano Vecellio, Banchetto degli dei, 1514)
... intorno a un tavolo si assumono, infatti,
le grandi decisioni politiche...
(Cornelis van Haarlem, 1562-1638, banchetto)
Lucullo, il più celebre tra gli amanti della buona tavola di tutti i tempi, è passato alla storia non tanto per aver riportato la vittoria su re Mitridate quanto per i favolosi banchetti.  E come non citare autori come  Apicius, Catone, Petronio, Columella nonché i vari manoscritti  presso le varie corti, compilati per diletto ma non per questo meno significativi?

Dai greci e dai romani abbiamo ereditato 
la pratica conviviale del banchetto e del simposio...
(Roberto Bompiani, 1821-1908, Pasto nell'antica Roma)
Lèvi-Strauss sostiene che la cucina è un linguaggio “nel quale una società traduce inconsciamente le proprie strutture”: come nella lingua universale esistono al tempo stesso tante lingue e dialetti diversi, anche la cucina si esprime con grande variabilità nel tempo e nello spazio. 

... ma l'idea del pasto comune appartiene a tutte le società... 
(Paul Gauguin, Il pasto, 1891)
Gli anni della mia fanciullezza, ad esempio,  sono associati all’operosità culinaria delle mie nonne entrambe piemontesi, anzi monferrine: la finanziera,  la bagna cauda, le acciughe al verde, il bollito misto, il brasato, la polenta, i cardi,  la  carne cruda,  il coniglio, il vitello tonnato, il  tapulon, il risotto, il bunet,  gli agnolotti…

...e attraversa tutti i tempi...dall'epoca greco romana...
(Paestum, Tomba del tuffatore)
... all'età medievale... 
(Jean Fouquet, 1520-1480, Banchetto dato 
da Carlo V di Francia nel 1378)
... fino all'età rinascimentale ... 
(Sandro Botticelli, Storie di Nastagio degli Onesti, 
da una novella del Decamerone, 
rappresentazione di un banchetto, 1483)
Per tutti i popoli il cibo non è solo una necessità, ma qualcosa che attrae anche per la raffinatezza; il nutrirsi è anche un rito che secondo codici simbolici scandisce il calendario dell’anno e della vita. La  cultura  si fa a “tavola” ed espressioni culturali  sono i tavolini del caffè, gli aperitivi al bar,  le cene ed i caffè letterari, le tavole rotonde, i tavoli permanenti o di concertazione, le cene di  lavoro, i pranzi di nozze, gli incontri ai vertici che cambiano la storia nel bene e nel male e così via.

La tavola è luogo di cultura ... 
(Abraham Bosse, 1604-1676, 
Salotto letterario)
E tutti implicano sempre interazioni e decisioni che si assumono nel confronto e nell’ascolto, nella circolarità dialettica, in una connotazione tutta particolare che è quella della condivisione non solo di uno spazio ma del cibo, delle vivande e delle bevande in un’atmosfera intrisa di sguardi, gesti,  parole.

A tavola si può creare l'atmosfera giusta... 
(Henri Matisse, Armonia in rosso, 1908)
Dunque  c’entra, eccome, la cultura con la cucina. In vino veritas! Vinum est vita! Le distanze rimangono ma si accorciano; le diversità mettono in luce l’identità irripetibile di ciascuno;  le difese nel  faccia a faccia cedono e le maschere che solitamente portiamo magari si sfilacciano e fanno intravedere il vero volto di ciascuno; il dialogo, l’incontro e lo scambio si fanno meno formali e più autentici… 

... per accorciare le distanze... 
(Pablo Picasso, Pasto frugale, 1904)
Naturalmente il luogo conviviale è, come tutte le cose umane, ambivalente.  Pensiamo da una  parte alla potenza dei dialoghi di Platone ("il Simposio o Convito") o ai caffè letterari o, più  prosaicamente e semplicemente, ai pranzi di nozze, ai  pranzi al ristorante in particolari e solenni festività od alle quotidiane riunioni familiari intorno al desco per decidere delle piccole e grandi cose della vita familiare di ogni giorno: intensi momenti di festiva e festosa fraternità.

Eppure anche il banchetto, simbolo di festa...
(Pieter  Bruegel il Vecchio, Banchetto nuziale, 1567)
... luogo di condivisione... 
(Vincent van Gogh,  I mangiatori di patate, 1885)
Dall’altra immaginiamo il banchetto di Erode (Salomè che danza ed in pegno ottiene sul piatto la testa di Giovanni), i veleni versati  e gli assassinii  compiuti nei banchetti dei miti classici e delle vicende rinascimentali: momenti di foschi tradimenti e di cupe tragedie.
... può diventare simbolo di tradimento...
(Gianbattista Tiepolo, 
Il banchetto di Cleopatra, 1743-44)
Dipende da ognuno di noi orientare il luogo conviviale  nella direzione giusta.

... dipende dal significato che noi diamo  
alle parole, alle cose... alla vita...
(Masolino, Filosofi di Alessandria, 1428-1430).

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