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domenica 17 maggio 2015

Il caffè di Emmanuel Lévinas.


 Post a cura di Rossana Rolando.
Omaggio ad Emmanuel Lévinas
a 20 anni dalla morte.

Omaggio ad Emmanuel Lévinas 
(Ernest Ludwig Kirchner, Danza colorata)
«Vedere un volto è già udire “non ucciderai”,
è udire “giustizia sociale”»
(E. Lévinas, Difficile Libertà).

La nudità del volto 
(Ernest Ludwig Kirchner, Marcella).
Emmanuel Lévinas e l'ombra oscura del nazismo. 
Proponiamo oggi un passo molto bello di Emmanuel Lévinas (1905-1995). Si tratta di un pensatore lituano, di origine ebraica, che si trasferisce e si forma in Francia, divenendo una delle voci filosofiche più rilevanti e interessanti del Novecento. Sulla sua biografia, le cui tracce sono riassunte in Difficile libertà, pesa “il presentimento e il ricordo dell’orrore nazista”. Tra il 1940 e il 1945 Lévinas rimane internato come prigioniero di guerra in Germania.

L'orrore della bestia nazista  ...
(Kirchner, Combattimenti)
La filosofia dell'hitlerismo.
Questa drammatica esperienza viene a saldarsi con il suo pensiero: Lévinas riconosce nel nazismo la bestia orrenda nata nel ventre dell’Occidente, nell’alveo di una cultura che - di quel mostro - non ha saputo impedire la genesi e lo sviluppo perché quel mostro lo portava dentro, come una delle possibilità, la più terribile. Di questo si parla in Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo, un saggio pubblicato nella rivista Esprit nel 1934, appena un anno dopo l’assunzione del potere da parte di Hitler in Germania.

... nel cuore dell'Europa  ...
(Kirchner, Autoritratto come soldato, 1915)
La grande tradizione del pensiero occidentale.
Nel pensiero di Lévinas e nel brano che proponiamo di seguito, tratto dall’opera Dal sacro al Santo, si respira la grande lezione antica e moderna del pensiero esistenziale e sapienziale dell’Occidente: dal “Conosci te stesso” di Socrate, al “Non uscire fuori, rientra in te stesso, nell’uomo interiore abita la verità” di Agostino, al  “Tutta la dignità dell’uomo consiste nel pensiero”  di Pascal…

... nell'alveo della cultura occidentale ...
(Kirchner, I pittori della Brücke)
L'altro, il diverso, come ostacolo alla libertà.
Ma nello stesso tempo si intuisce, in Lévinas, la rottura con uno degli esiti del pensiero occidentale, quello che ha posto al centro l’io e la libertà assoluta di un soggetto che tutto riduce a sé, non tollerando alcuna diversità e alterità. Sul piano politico tale pensiero si è tradotto nel totalitarismo, concependo il grande corpo dello stato come un tutto che ingloba ogni individualità.

... che ha permesso un'ideologia di morte
(Kirchner, La danza macabra di Mary Wigman).
La metafora del caffè.  
Per Lévinas dunque ritornare alla propria interiorità (nella propria stanza, come si dice nel brano sotto riportato), non dissipare se stessi e il proprio tempo nella chiacchiera che non impegna, nella distrazione, nella fuga da se stessi (ed ecco la metafora del caffè, luogo simbolico della dispersione di sé), non vuol dire ritirarsi in un proprio mondo separato e contrapposto agli altri, in un “io” che fagocita e annulla l’altro, ma significa piuttosto porre le condizioni per ascoltare il diverso, per fare spazio alle sofferenze e alle ingiustizie del mondo, rispondendo così all’appello che viene dal volto dell’altro.

La metafora del caffè, luogo simbolico 
della dispersione e della dissipazione...
(Kirchner, Due donne al caffè)
Nota al testo. Naturalmente il caffè, nell’esperienza di ciascuno di noi, può essere stato ed essere spazio positivo di incontro e di scambio. Il brano di Lévinas non va quindi inteso come una demonizzazione del luogo fisico del caffè. Esso viene assunto invece nel senso metaforico del divertissement e della dispersione di sé e come tale va compreso.

Il caffè può essere interpretato in molti modi.
(Kirchner,  Caffè giardino).

Dice Lévinas ...
“Il caffè è la casa aperta, al livello della strada, luogo della socialità facile, senza responsabilità reciproca. Si entra senza necessità. Ci si siede senza stanchezza, si beve senza sete. Pur di non restare nella propria stanza.  Voi sapete che tutte le disgrazie provengono dalla nostra incapacità di restare soli nella nostra stanza. Il caffè non è un luogo, è un non-luogo per una non-società, per una società senza solidarietà, senza domani, senza impegni, senza interessi comuni: società del gioco.

... il caffè inteso simbolicamente 
come non luogo”...
(Kirchner, Caffè di Davos)
Il caffè, casa di gioco, è il punto attraverso il quale il gioco entra nella vita e la dissolve.  Società senza ieri e senza domani, senza responsabilità, senza serietà  –  distrazione, dissipazione. Al cinema viene proposto sullo schermo un tema comune, come a teatro sul palcoscenico. Al caffè non c’è nessun tema.

... il caffè come metafora 
dell'estraneità reciproca  ...
(Kirchner, Cinque donne per strada)
Si sta lì, ciascuno al suo tavolino, davanti alla tazza o al bicchiere, ci si rilassa completamente al punto di non dover niente a niente e a nessuno; ed è perché si può andare al caffè a rilassarsi che si sopportano gli orrori e le ingiustizie di un mondo senz’anima. Il mondo come gioco, dal quale ognuno può ritirarsi per esistere solo per se medesimo, luogo di dimenticanza – dell’oblio dell’altro – ecco il caffè. […]. 
Non costruire il mondo è distruggerlo” 
(E. Lévinas, Dal sacro al Santo, Città Nuova, Roma 1985, pag. 49).

... della solitudine
(Kirchner, Marcella).
Ernest Ludwig Kirchner,  nato nel 1880 e morto suicida nel 1938, è stato un pittore espressionista tedesco, cofondatore del gruppo Die Brücke (Il ponte).  Molte delle sue opere, considerate arte degenerata dai nazisti, furono distrutte.


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