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domenica 1 settembre 2013

Siria: interrogativi.

 
Posted by Picasa


Siamo nei giorni in cui si sta decidendo per l’intervento armato in Siria. Le immagini che ci propinano  internet ed i vari canali televisivi  suscitano forti emozioni: paura, rabbia, pietà.  Ma queste  reazioni rischiano di essere tanto immediate quanto effimere (tutto passa), se la nostra coscienza e la nostra ragione non vengono  interpellate.  Spostarci  dal piano della immediatezza al piano della riflessione: questo è il senso degli  interrogativi qui di seguito proposti e dei prossimi successivi post e citazioni.

Concordiamo tutti nel considerare la guerra  un muro di disperazione ed  una catastrofe totale, sempre sproporzionata rispetto a qualsiasi possibile causa. Ma non dimentichiamo che si può essere complici  della guerra in tanti modi:  per lucida e cinica scelta,  per   imprudenza,  per astensione.  In un mondo  dove alcuni  vogliono la guerra  o alcuni non escludono di ricorrervi, dove  il  rischio si trova ovunque sia nell’avvilimento collettivo del silenzio e dell’inazione  sia nella potenziale spirale di  una guerra totale con sterminio di masse, ogni  opzione  appare   tragica  e  ridotta in tenebrosi vicoli ciechi.

Esiste una guerra giusta?

E’ possibile detronizzare un potere armato senza far uso delle armi?

Ha senso il paventato intervento armato  da parte degli USA per fini cosiddetti umanitari?  E’ veramente una legittima difesa dell’umanità martoriata,  una risposta disinteressata ad una situazione di ingiustizie e violenze insopportabili? E’ proporzionale all’azione siriana, misurata al male commesso ed alle violenze subite dalle vittime?  Non rischia a sua volta di essere violenza sfrenata, incontrollata ed incontrollabile?

E più in generale  una guerra ritenuta “giusta”  non finisce per asseverare la giustizia di ogni guerra, a causa di un inevitabile “effetto scivolamento”,  per cui l’eccezionale diventa la regola, nella pura  logica dell’imperialismo delle guerre preventive?

Il diritto,  che dovrebbe operare quale filtro di tutela, è ancora uno strumento di controllo sufficiente?

E cosa dire dell’inefficienza dello  strumento diplomatico internazionale ?  O della  sempre minore credibilità della deterrenza nucleare?

 La pace allora si deve affidare al caso e lasciare che la guerra diventi una fatalità?

Nessuno di noi, il sottoscritto per primo, ha in proposito anche una sola certezza apodittica. Qui non ci sono dogmi, principi assoluti; certamente invece  opzioni, scelte di coscienza coerenti con le proprie scelte di vita;  e un pullulare di interrogativi.  Il tutto stravolto,  complicato, offuscato  dall’impossibilità di informazioni indubitabili  e non manipolate circa l’uso dei gas da una parte o dall’altra, dall’impossibilità di penetrare i teatri di guerra, dall’innalzamento di muri tra oriente ed occidente, tra nord  e sud, tra mondo del dominio e dei dominati, da  nuovi e antichi squilibri nazionali ed internazionali,  dal verminaio di interessi noti ed ignoti,  contrastanti e antagonistici, che sono il volto trionfante  della logica capitalistica,  dalla  violenza-spettacolo  dei media e dell’informazione.

Le radici di questi interrogativi  risalgono alle origini della nostra stessa civiltà e della riflessione sul diritto: prima la teoria greca del “dikaios polemos” e  quella romana del “iustum piumque bellum”;  poi, senza grandi sussulti, le legittimazioni  dal  Decretum  Gratiani  a  Gentili e Grozio, con l’eccezione di  tanti illustri pensatori, da  Erasmo  a Bobbio  al nostro  Cassola, ed il loro inappellabile rifiuto teorico…

 




Esiste una guerra giusta?



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