Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

venerdì 6 dicembre 2013

Il segreto della festa.




Il prestigiatore di turno manipola il nostro bisogno di festa ...

Oggi sono  almeno due le modalità di percepire e vivere la festa.
La prima, dominante, è vissuta  come  business-industria  che gioca sui bisogni di aggregazione,  di svago e di rassicurazione, facendo leva su sentimenti  ed emozioni della  vita affettiva. L’artificio delle feste, quasi un’orgia di scadenze che continuamente si assommano alle precedenti, assume  attributi diversissimi:  dal Natale alla Pasqua, dalla festa del papà a quella della mamma e dei nonni, dalla Befana a  s. Valentino alle zucche vuote di hallowen, al pullulare delle varie “sagre” di carattere alimentare  del tartufo, del bue grasso, della rapa, del carciofo…  

La macchina mitologica coinvolge ....

Come in  una ribalta permanente, la “macchina mitologica” si espande continuamente, coinvolge nuovi protagonisti,  espone sentimenti,  prodotti, età,  ruoli, senza sfuggire a interessi occulti, ad interferenze o manipolazioni, in un’esplosione telematica e mediatica, diurna e notturna,  che ci costringe a passare ogni giorno di festa a vedere la partita o la televisione o a “chattare” o a fare pellegrinaggi nei nuovi santuari dei  supermercati, degli stadi, della rete virtuale.

.... espone sentimenti ...

... gioca con essi  ...
 
... crea mondi artificiosi ....

C’è una seconda modalità, meno visibile  ma altrettanto diffusa, come tempo a disposizione per se stessi, per gli altri e per Dio, se si ha fede religiosa. 


C'è un'altra modalità della festa ...
A disposizione di se stessi come riposo e liberazione dall’ansia e pesantezza del lavoro quotidiano; come  ri-creazione  di ciò che è autentico - l'arte, la poesia, la musica, la bellezza - per ri-trovarsi ed orientare la propria vita. 


... vissuta come ri-creazione ....

A disposizione degli altri come tempo del dare e ricevere, incontro di scambio e di dono,  della  responsabilità nei confronti degli altri; intreccio  della  parola  della fede e della speranza, dell’invocazione e della preghiera; rito  che non è nevrotica coazione a ripetere, ma straordinario  momento vitale in ogni fede aggregativa fuori dalla dispersione delle attività lavorative quotidiane; tempo della parola corale e pubblica (predica, comizio, dibattito..),  dei   sentimenti  collettivi,  del  reciproco “parlarsi” e riconciliarsi; tempo dell’ascolto che realizza  la  verità segreta di ogni parola; e, non ultimo, tempo della ritualità dei pasti consumati insieme,   momento conviviale in cui  amici e parenti sono  ospiti gli  uni con gli  altri, nella metacomunicazione del vestito della festa.


... come momento ludico ...
Essenziale alla festa è la dimensione ludica: il gioco, la gioia, il divertimento, il riso,  la danza, il ballo, la musica,  il teatro, il  film ci riportano allo stupore catartico, alla  capacità  rinnovata di meravigliarsi,  di guardare il mondo con occhi diversi.


... di gioia condivisa ...
 
Mi pare così di essere giunto alla  verità segreta della festa: l’incontro tra le persone nella gioia sorridente della gratuità, dell’incontro agapico,  dove affiora l’aspirazione alla felicità, il presagio di una liberazione e comunione totali e definitive.
 
... che rimanda ad armonie perdute ...

... e che è simbolo misterioso  ... di liberazione ...
Come ogni cosa,  la festa ha un inizio ma anche  una fine che richiama  la nostra  finitudine. Domani sarà  un altro giorno, riprenderemo  a fare i conti  con la durezza della vita.  La gioia per quanto intensa è sempre ombrata e velata dalla consapevolezza che ogni festa rimane  sempre un abbozzo.  “Quello che insidia ed avvelena in genere la nostra felicità è di sentire così vicini il fondo e la fine di tutto quanto ci attrae: sofferenza delle separazioni e dell’usura, angoscia del tempo che passa, terrore davanti alla fragilità dei beni posseduti, delusione di giungere tanto presto al termine di quello che siamo e che amiamo […]. Tutte queste ombre svaniscono nelle “confidenze” degli uomini e delle donne che hanno rischiato se stessi in una realtà che li sorpassa, in cui si scopre la “gioia dell’Interminabile” (THEILLARD DE CHARDIN, Rèflexions sur le bonneur, éd. Du Seuil, Paris, 1960, p.65).


... forse anche di un oltre ...
Ma questo non è più terreno della mia riflessione.
Buone feste a tutti!

Tutte le immagini riproducono opere di Hieronymus Bosch (sorprendentemente: 1450- 1516!).  

Chi desidera intervenire può consultare il post del 22/10/13 oppure semplicemente andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.  

2 commenti:

  1. "Ricordati di santificare le feste"... Mi sono sempre chiesto, gentile Professore, perchè Dio stesso abbia voluto dare un comando agli uomini per ricordare loro la necessità, nel giorno delle Feste, di elevarsi nello spirito rendento santi quei giorni. Non credo di aver raggiunto ancora una risposta completa, ma sono tuttavia convinto che nel mondo e nella società odierna, dove come ben ricordava Lei tendiamo a far festa per qualunque cosa anche snaturandone il significato e spesso con fini puramente commerciali, e dove ci affanniamo continuamente per il raggiungimento dei nostri obiettivi (più o meno nobili), Dio ci voglia ricordare come è nell'Essenza stessa dell'uomo e nelle profonde immensità del suo animo che si celi il motivo per cui merita di essere fatta festa, almeno in alcuni giorni! Così la Festa sarà davvero un momento di elevazione dell'uomo fra gli uomini, nella letizia e nella giovialità che solo essi sanno creare. Auguro anche a Lei felici festività!

    RispondiElimina
  2. Caro Sig. Nicola, anch’io mi sforzo ogni domenica di ricercare la verità nascosta (a-letheia, non nascondimento) del “ricordati di santificare le feste”. E’ interessante il legame che Ella pone tra la festa e l’immensità dell’animo umano per cui fare festa diventa la risposta ad una esigenza profonda, che non può trovare appagamento nelle pseudo ricorrenze che il mercato commerciale costruisce e impone. Perciò mi pare seducente il significato della festa come “momento di elevazione fra gli uomini, nella letizia e nella giovialità”, al quale Ella fa riferimento: un elevarsi corale, insieme, come preannuncio di nuove terre e nuovi cieli. Se la creazione di Dio è stata (ed è) un gioioso dono di gratuità, la festa come ri-creazione non può essere diversamente. Un caro saluto.

    RispondiElimina