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martedì 15 settembre 2015

Un pensiero mattutino con B. Pascal e P. Mondrian. Abitare le domande.

Il vortice del tempo
(Piet Mondrian, 
Mulino a vento)
La vera drammaticità della nostra esistenza storica è il tempo come forma esistenziale dell’uomo. Non il “tempo della natura” in cui tutto scorre ciclicamente uguale, ma la nostra esperienza del tempo, dimensione drammatica del nostro esserci-nel-mondo: tempo della  celebrazione concreta  della vita oppure della sua concreta mortificazione e degradazione in tutte le forme attuali di indifferenza,  violenza e sopraffazione.
Le linee geometriche orizzontali e verticali, 
simbolo di una dimensione perfetta, 
sottratta al divenire
(Piet Mondrian, Composizione 
in rosso, giallo, blu e nero)
Per me è difficile, se non impossibile, definire veramente il tempo: quanti ci hanno provato da Agostino a Kant a Bergson! …  Io con la sola ragione temo di non  riuscirci, ma forse il cuore può attingerlo: “l’èsprit de finesse” direbbe Pascal. Il tempo – il mio tempo, il  tuo, il nostro, il “loro” – è cambiamento continuo: tutto ciò che possediamo sembra sgusciare via nell’ambiguità, precarietà, inconsistenza della condizione umana.  


“Non ci teniamo mai fermi al tempo presente. Anticipiamo l’avvenire quasi fosse troppo lento a venire, quasi per affrettare il suo corso, oppure richiamiamo il passato, per arrestarlo quasi fosse troppo fugace;  imprudenti al punto di aggirarci nei tempi che non sono nostri e di non pensare al solo che ci appartiene […]. Il presente non è mai il solo nostro scopo, il passato e il presente sono i nostri mezzi; l’avvenire è il nostro scopo. In tal modo non viviamo mai, ma speriamo di vivere” (Pascal, Pensieri, Bompiani, 168).

L'invito a vivere il presente...
(Piet Mondrian, Albero rosso)
Pascal   fortemente richiama al presente, al tempo che è nostro, a quello solo che ci appartiene. Richiama all’intensità centrale del presente, non al “tempo della vita” ma al “tempo degli atteggiamenti”, che misura la storia di ognuno di noi: tempo delle decisioni significative e delle opzioni che contrassegnano il nostro esserci nel mondo. Il tempo insomma di ognuno è quello della parabola dei talenti e quello del Qohelet.

...il tempo delle decisioni 
e delle scelte...
(Piet Mondrian, Albero)
Il rischio dell’ora attuale è il rischio del carpe diem, del perdersi e non ritrovarsi nel presente, del ridursi come il gregge nietzschiano, immerso e dominato dal presente, che non vive nella storia: “Osserva il gregge che ti pascola innanzi: esso non sa cosa sia ieri, cosa sia oggi, salta intorno, mangia, riposa, digerisce, torna a saltare, e così dall’alba al tramonto e di giorno in giorno legato brevemente al piolo dell’istante e perciò né triste né tediato” (F. Nietzsche, Sull’utilità ed il danno della storia per la vita).

... il tempo degli occhi chiusi o
degli occhi aperti... 
(Piet Mondrian, Evoluzione)
Non è questo forse  il paradigma del tempo nostro o di troppe persone, chiuse nel loro guscio? Nascere, vivere, vegetare e morire, incapaci di profondi patimenti, di grida laceranti, di coraggiose scelte dirompenti. 
La storia di ognuno di noi è movimento e profondità diacronica, dove  l’abisso del tempo non è dissimile dall’abisso dello spazio:  “Quando considero la breve durata della mia vita assorbita nell’eternità che la precede e la segue, il piccolo spazio che riempio e che vedo, inabissato nell’infinita immensità degli spazi che ignoro che mi ignorano, io mi spavento e mi stupisco di vedermi qui piuttosto che là, perché non vi è motivo perché qui piuttosto che là, perché ora piuttosto che allora. Chi mi ci ha messo? Per ordine e per opera di chi mi è stato destinato questo luogo e questo tempo?” (Pascal, Pensieri, cit., 88). 

... il tempo degli interrogativi che 
vanno oltre l'apparenza immediata delle cose... 
(Piet Mondrian, Alberi in fiore)
Anch'io, pieno di spavento e di stupore, voglio porre questi interrogativi  nei giorni del grande esodo dei “fuggitivi altrove”, perché questa è la condizione per non lasciarsi intrappolare dal presente e vivere il “tempo degli atteggiamenti” che esige domande e pretende decisioni ed opzioni.
Non so se sono capace di rispondere agli interrogativi pascaliani. Conosco i miei limiti,  ma so  che non necessariamente si può o si deve arrivare a risposte conclusive.  E so  soprattutto che la cosa più importante   sempre, in ogni tempo, e tanto più in questo nostro mondo  delle vite di corsa – è “abitare le domande”, che è già alzare il velo sulle  proprie convinzioni  ed accettare di prendersi  cura gli uni degli altri.

... nella capacità 
di “abitare le domande”... 
(Piet Mondrian, Composizione 1920)
Piet Mondrian è stato un pittore olandese, vissuto tra il 1872 e il 1944. L’evoluzione della sua opera, come si è cercato di dare traccia in questo post, si è sviluppata a partire da una pittura quasi naturalistica per poi approdare all’astrazione della forma cromatica (albero rosso) e successivamente del purismo geometrico. Il percorso dell’artista è segno di una forte tensione metafisica, data dalla volontà di superare la tragicità del divenire - e l’ambiguità del tempo - attraverso l’arte: dimensione capace di introdurre in un mondo perfetto e immutabile, la cui cifra stilistica è quella della rappresentazione geometrica e del colore puro. Per chi desidera ascoltare una breve presentazione di Piet Mondrian proponiamo il link della Treccani (cliccare qui).

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