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martedì 29 settembre 2015

C. Rogers, la comunicazione educativa e la libertà nell'apprendimento. Con G. Vallifuoco.

Dopo gli articoli correlati:

CARL ROGERS E IL METODO NON DIRETTIVO.
proponiamo:

Carl Rogers, la comunicazione educativa e la libertà nell’apprendimento.

Insegnare è 
comunicare
(Gennaro 
Vallifuoco,
Acqua)


Congruente è chi è coerente con se stesso, chi sa ascoltarsi, chi è lucidamente partecipe di tutto ciò che in lui avviene, chi è lo stesso sia interiormente sia esteriormente, perché  ciò che sente è ciò che esprime. La congruenza  è decisiva soprattutto nella comunicazione educativa, nel rapporto tra docente e studente. Rogers (Freedom to learn, trad. it. Libertà nell’apprendimento, Giunti-Barbera,1973) specifica che il vero docente non è colui che semplicemente trasmette, impone e dirige centrato su di sé, ma persona che, sapendo comunicare totalmente con se stessa, è in grado di comunicare con gli altri. Decentrato da se stesso e centrato sullo studente e sulla classe, si mette in gioco, rifiuta uno stato di oggettività che gli permetterebbe di considerarsi come al di fuori dell’interazione.

sabato 26 settembre 2015

Il perdono in un racconto del Fedone.

Post a cura di Rossana Rolando.
Violenza che colpisce...
(M.K. Čiurlionis, 
Fulmine)
“Quelli invece che siano incorsi in colpe espiabili sì ma gravi, come chi, per esempio, in un impeto di collera, abbia fatto violenza al padre o alla madre e poi se ne sia pentito e abbia vissuto così il resto di sua vita; o chi sia divenuto omicida per altro motivo simile e allo stesso modo se ne sia pentito; costoro debbono sì, necessariamente, precipitare nel Tartaro, ma poi, trascorso laggiù un anno dalla loro caduta, ecco che la marea li ricaccia fuori, gli omicidi lungo il Cocìto, i percotitori del padre e della madre lungo il Piriflegetonte; e quando, trasportati da queste fiumane giungono a livello della palude Acherusìade, quivi allora gridano e invocano, gli uni quelli che uccisero, gli altri quelli cui fecero violenza, e, chiamandoli a nome, pregano e supplicano che li lascino uscir fuori nella palude e che li accolgano; e, se riescono a persuaderli, escono fuori e così hanno pace dai loro mali; se no, sono riportati via un’altra volta nel Tartaro, e dal Tartaro sono ributtati un’altra volta nei fiumi, e mai cessano di patire quest’alterna vicenda se prima non hanno persuaso coloro a cui fecero offesa: perché questa è la pena che da quei giudici fu loro inflitta” (Platone, Fedone, Laterza).

... violenza che deve
essere espiata...
(M.K. Čiurlionis, 
Diluvio)
Dopo aver parlato degli uomini che sono destinati a rimanere per sempre negli inferi e prima di aver descritto quelli che si sono distinti per la santità della loro vita, Platone, in questo passo del Fedone, descrive la posizione di coloro le cui colpe sono giudicate espiabili. 
Sebbene si siano macchiati di un grave crimine, resi ciechi e sordi da un impulso irrefrenabile, essi possono sperare nella temporaneità della loro pena. 


martedì 22 settembre 2015

Le giornate della pace, con C.M.Martini, G. La Pira e Aziz Fuad.


“La pace è il più grande bene umano, perché è la somma di tutti i beni messianici. Come la pace è sintesi e simbolo di tutti i beni, così la guerra è sintesi e simbolo di tutti i mali. Non si può mai volere la guerra per se stessa, perché è sistematica violazione di sostanziali diritti umani (Card. C. Maria Martini, dall’omelia tenuta in S. Ambrogio a Milano il 6.12.01).


Aziz Fuad, 
artista della pace.
Il 21settembre è stata la giornata internazionale della pace.
Nell’anno sono più di 150 le giornate internazionali dedicate a temi ed eventi
La pace 
come scelta 
consapevole...
(Aziz Fuad).
particolari. C’è ovviamente il pericolo concreto  di celebrazioni puramente
retoriche e formali, che finiscono nell’assuefazione, indifferenza, insignificanza. Addirittura in alcuni casi le cose si complicano con celebrazioni nel medesimo giorno: il 21 settembre non era solo giornata internazionale della pace ma anche giornata mondiale Alzheimer 2015. Dividersi tra l’impegno per la pace e la lotta contro l’Alzheimer diventa impresa ardua, perché ogni tema od evento ha in sé un mare di problemi, di urgenze prioritarie e naturalmente di sofferenze.

sabato 19 settembre 2015

Un pensiero mattutino con le tre domande kantiane e J. Mankes.

Che cosa possiamo 
conoscere?
(Jan Mankes, Autoritratto)
 Legno storto. Incedere eretti.
(H. Gollwitzer)*
Tre grandi domande.
Da giovane sognatore pensavo  ad un possibile patto di fedeltà tra noi tutti – ognuno con i suoi  impegni, non importa a quali livelli, interpersonali, familiari, professionali, sociali, amministrativi, politici… - e le tre domande kantiane, purché queste ultime si ponessero in versione plurale e non individualistica. “Che cosa insieme possiamo conoscere, che cosa insieme dobbiamo fare, che cosa insieme ci è concesso sperare?”. In sintesi: chi siamo noi? 
Che cosa 
dobbiamo 
fare?
(Jan Mankes, 
Autoritratto)
Che cosa ci è concesso 
sperare? 
(Jan Mankes, 
Vaso di gelsomini)
Oggi non so sinceramente quanti decisori delle piccole e grandi scelte politiche economiche e sociali possano essere d’accordo e soprattutto quanti di loro ogni giorno siano fattivamente impegnati nell’operare perché tutti possano conoscere, orientarsi criticamente su ciò che debbono fare, continuare o ritornare a sperare. Eppure una laica, laicissima, riflessione su questo patto di fedeltà potrebbe essere un cerino acceso nell’oscurità del vuoto di pensiero, di orientamenti, di speranza del nostro tempo sempre più liquido.

martedì 15 settembre 2015

Un pensiero mattutino con B. Pascal e P. Mondrian. Abitare le domande.

Il vortice del tempo
(Piet Mondrian, 
Mulino a vento)
La vera drammaticità della nostra esistenza storica è il tempo come forma esistenziale dell’uomo. Non il “tempo della natura” in cui tutto scorre ciclicamente uguale, ma la nostra esperienza del tempo, dimensione drammatica del nostro esserci-nel-mondo: tempo della  celebrazione concreta  della vita oppure della sua concreta mortificazione e degradazione in tutte le forme attuali di indifferenza,  violenza e sopraffazione.
Le linee geometriche orizzontali e verticali, 
simbolo di una dimensione perfetta, 
sottratta al divenire
(Piet Mondrian, Composizione 
in rosso, giallo, blu e nero)
Per me è difficile, se non impossibile, definire veramente il tempo: quanti ci hanno provato da Agostino a Kant a Bergson! …  Io con la sola ragione temo di non  riuscirci, ma forse il cuore può attingerlo: “l’èsprit de finesse” direbbe Pascal. Il tempo – il mio tempo, il  tuo, il nostro, il “loro” – è cambiamento continuo: tutto ciò che possediamo sembra sgusciare via nell’ambiguità, precarietà, inconsistenza della condizione umana.  

sabato 12 settembre 2015

Africa, alcuni punti fermi.

 (George Lilanga, 
definito il 
 Picasso africano)
“In un’ora di grandi cambiamenti per il continente africano, alle prese con problematiche, speranze, sfide antiche e nuove [...] per cercare di capire è più utile individuare dei “punti fermi” che inseguire la cronaca”  (retrocopertina di Joseph Hi-Zerbo, Punti fermi sull’Africa, EMI, 2011). 
In questi giorni i media sono a buon diritto centrati sulle vicende dei fuggitivi nelle terre d'Europa. Eppure ogni giorno i “paesi del Sud”, in particolare l’Africa, sistematicamente sono violentati dalle infinite guerre regionali, dalle tragiche morti di persone che fuggono altrove, dalle violenze sulla popolazione, specie donne e bambini, vittime di sopraffazione, oppressione, sfruttamento.
Le nostre coscienze sono senza scampo interpellate e non possiamo starcene fuori solo perché ognuno di noi sa fin troppo bene di essere impotente nella sua singolarità. La storia, implacabile, non farà sconti alla nostra generazione.
 (Damian Msagula)
Hi-Zerbo (1922-2006) - originario del Burkina Faso, militante politico, insegnante, padre della  storiografia africana, uno dei maggiori intellettuali africani del 900 - ha pubblicato numerosi saggi (tradotti da Einaudi, Jaca Book, EMI) ritenuti  fondamentali per le concrete proposte di convivenza, integrazione e scambio tra il suo continente e il resto del mondo. 
In questi giorni di tragiche emergenze vorrei raccogliere brevemente alcune riflessioni sul suo “Punti fermi sull’Africa”.

martedì 8 settembre 2015

Carl Rogers e il metodo non direttivo.

Carl Rogers
40 anni fa discutevo la mia tesi di specializzazione didattica in psicologia su Carl Rogers (1902–1987). Lo ritenevo e continuo a ritenerlo  un autore  che non è mai stato di moda, ma proprio questo suo essere  demodé o, meglio, amodé ha illuminato con la sua psicologia umanistica la vita professionale ed anche personale e relazionale di tante persone. Per quanto mi riguarda l’atteggiamento non direttivo applicato sia nei rapporti interpersonali sia nell’azione educativa mi ha aiutato non poco nel mio servizio prima di docente e poi di preside.


Provo a dire perché,....

giovedì 3 settembre 2015

Un pensiero mattutino con Martin Buber e Kazimir Malevič. Il rammendo.

Post a cura di Rossana Rolando.

Le contraddizioni 
interiori 

(Kazimir, Malevič, 
Busto di donna)

Un chassid del Veggente di Lublino decise un giorno di digiunare da un sabato all’altro. Ma il pomeriggio del venerdì fu assalito da una sete così atroce che credette di morire. Individuata una fontana vi si avvicinò per bere. Ma subito si ricredette, pensando che per un’oretta che doveva ancora sopportare avrebbe distrutto l’intera fatica di quella settimana. Non bevve e si allontanò dalla fontana. Se ne andò fiero di aver saputo trionfare su quella difficile prova; ma, resosene conto, disse a se stesso: “E’ meglio che vada e beva, piuttosto che acconsentire a che il mio cuore soccomba all’orgoglio”. Tornò indietro, si riavvicinò alla fontana e stava già per chinarsi ad attingere acqua, quando si accorse che la sete era scomparsa. Alla sera, per l’apertura del sabato, arrivò dal suo maestro. “Un rammendo”, esclamò lo zaddik [il maestro] appena lo vide sulla soglia” (Martin Buber, Il cammino dell'uomo, ed. Qiqajon).

Questo breve racconto suggerisce diverse letture. Con la sapienza chassidica e con Martin Buber, esponente del filone novecentesco della filosofia ebraica, ci muoviamo nell’ambito di una riflessione che vuole parlare dell’uomo nella sua esperienza vitale, nelle sue contraddizioni e inquietudini più vere e profonde, un pensiero esistenziale e sapienziale, che utilizza l’aneddoto come insegnamento.

Propongo due interpretazioni del brano (ma non sono le uniche possibili):