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martedì 15 marzo 2016

I volti e l'ethos del futuro. Italo Mancini.

Omaggio ad Italo Mancini
Matthias Grünewald, 
Crocifissione,
particolare
“Nell’età futura (il terzo millennio!) il termine comprensivo di tutto dovrà diventare l’altro e il suo volto, biblicamente il prossimo, e gli si stenderà intorno una cultura di pace, e comincerà ad albeggiare, finalmente, il vangelo”
(I. Mancini, Tornino i volti, Marietti, Genova, 1989, p. 69).

Italo Mancini
Sacerdote, filosofo, teologo, Mancini (1925-1993)  è noto per il suo ampio orizzonte culturale e gli studi su Kant Hegel  Dostoevskij Nietzsche Marx Heidegger Gadamer Ricoeur..., ma soprattutto Bonhoeffer e Lévinas. Ho ripreso in mano in questi giorni i quattro saggi raccolti in “Tornino i volti”. La lettura di un libro è sempre un’avventura ed un’incognita. Lo si apre, si spera che sia come ci si attende che sia, che sazi cioè la nostra fame e plachi la nostra sete; si spera  di trovare e scoprire qualcosa di cui siamo privi – e che  cosa sia non sempre si sa – e magari alla fine il cercare e lo scoprire si concludono in un ritrovarsi e  riscoprirsi.
Italo Mancini, 
Tornino i volti, 
Marietti
Poiché leggere è sempre interpretare e selezionare alcune conoscenze, ci si accorge che il conoscere si può trasformare in un riconoscere: la lettura diventa incontro extratemporale con il mondo (l’autore, idee, valori, persone, personaggi) in una fusione od anche contrapposizione di orizzonti. Ogni buon libro finisce per mettere noi stessi  in questione: un nostro problema, una  nostra presunta certezza, quasi sempre la nostra übris, oppure qualcosa di sopito, di velato,  che reclama  di emergere alla luce. Se tutto ciò fa un buon libro, lo è “Tornino i volti”, in cui ho  riscoperto spunti di sorprendente attualità.


Matthias Grünewald, 
Crocifissione,
particolare
Mancini poneva negli  anni ‘80 due interrogativi: alle soglie del 2000 qual è il futuro dell’umanità? C’è futuro per il Cristianesimo? Sollecitato in particolare dal pensiero di Lévinas, egli ne condivide la proposta filosofica fondamentale: per l’Occidente si impone un cambiamento di rotta di fronte alle tradizionali forme dell’ethos. Basta con le questioni dottrinali sull’essere e l’io: l’ethos del futuro deve coraggiosamente vivere altrimenti dall’essere”, assumere il primario compito dell’accoglienza e della responsabilità (da respondère) di fronte al volto dell'altro, senza pretesa di reciprocità. E’ l’etica, intesa come filosofia prima e diaconia: qui è la vera formula  della pace per il terzo millennio, se si vuole realizzare il sogno della fraternità senza terrore e far sì che i nostri figli abbiano diritto di vedere rimosso il terrore dal loro orizzonte di vita.  
Matthias Grünewald, 
Crocifissione,
particolare
Il mondo in cui viviamo, amiamo e ci sforziamo di santificarci, non è dato  da un’asettica teoria dell’essere né dagli eventi della storia o dai fenomeni della natura. E’ dato dall’esserci di inauditi centri di alterità, i volti: la parte più indifesa di noi, più esposta, più rivelativa, ma anche la più deterrente. “Il rapporto corretto con il volto, il vero faccia a faccia non è dato dal solo guardarlo […] ma è dato da quell’unica cosa che rende possibile e dignitoso il faccia a faccia, ossia dalla parola e dal linguaggio, che apre alla comunicazione profonda dei volti, e che ancora ci porta alla realtà della pace, perché nel rapporto di parola e comunicazione si attua quella che Walter Benjamin chiama  la 'cultura dei sentimenti', l’unica forma di agire nonviolento tra gli esseri umani” (p. 51). Vinco la tentazione narcisistica di ridurre tutto a me, il baricentro passa dall’io al tu dell’altro, vivo faccia a faccia in una comunità di volti: è il libero dono dell’eccomi, fondamento di una vera cultura di pace; è il rispetto morale dell’altro fino all’altissimo Altro che nella sua infinità esprime l’incatturabilità del Suo volto e di tutti i volti.
La domanda sul futuro è dunque legata alla comunione dei volti ed a che cosa ci sia da fare e da patire nel vivere faccia a faccia con il volto dell’altro, biblicamente il prossimo.
Matthias Grünewald, 
Crocifissione,
particolare
Per Mancini nel terzo millennio compito urgente è la costruzione di una cultura della riconciliazione delle varie forme etiche, non attuato a tavolino ma nell’impegno e nel confronto del vivere quotidiano. Il termine comprensivo di una possibile convergenza etica è appunto l’altro. E quando le convergenze etiche chiameranno gli uomini e le donne all’appello sulla pace, sul pane, sulla casa, sul lavoro, sulla lotta alla corruzione e ad ogni forma di sopraffazione e violenza, sull’ospitalità dello straniero, in altre parole  sulla “non-in-differenza” e sul “dis-inter-esse”, saranno  in tanti a sentire, ad acconsentire e a non tirarsi da parte.
Per Mancini è il  cristiano, fedele a Dio ed alla terra, che deve prendere l’iniziativa di queste convergenze, rendendo credibile il rapporto tra fede e mondo diventato adulto.
Matthias Grünewald, 
Crocifissione,
particolare.
Chissà che cosa direbbe oggi vedendo e respirando l’indifferenza e la disgregazione che pervadono l’Europa e tutto il villaggio globale. Forse continuerebbe a dire: “Mettiamo l’altro, che viene a noi attraverso il suo volto, al posto dell’io e del suo essere, o dell’essere che mangia e l’io e l’essere, tutte cose che vanno 'deposte', e avremo la rivoluzione dell’uomo e del suo regno, l’alleggerimento vero della terra.  Non ha detto Bonhoeffer, in una delle ultime scritture, prima della morte, che non esiste più 'Dio in sé', ma che l’essere di Dio si manifesta in Gesù Cristo come un esistere-per-gli-altri? Qui sta il vero 'arrovesciamento' (la parola è sua) di tutto, la memoria della salvezza” (I. Mancini, Tornino i volti, Marietti, Genova, 1989, p. 69).

Matthias Grünewald, Crocifissione.
Italo Mancini e la Crocifissione Grünewald.
Matthias Grünewald, 
Crocifissione,
particolare


Spesso, nei suoi scritti, Italo Mancini ha citato il “il grande, abnorme dito della Crocifissione di Grünewald!”, segno di “qualcosa di ulteriore” (Italo Mancini, Filosofia della religione, Marietti, 1986, p. 170). 
In questo indice puntato si raccoglie il senso della figura di Giovanni, il Precursore, come spiega bene la scritta latina: “Egli deve crescere e io invece diminuire”. 
Ma il dito che indica simboleggia anche la portata dirompente di una concezione filosofico-teologica che pone al centro la deposizione dell'io. E' questa la premessa di un pensiero dell'Alterità - come quello di Mancini, sulla scorta di Lévinas - che vede nel volto dell'Altro il principio dell'etica, il comando capace di schiudere nuovi orizzonti di significato e di preannunciare nuovi possibili mondi.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Iconografia di Rossana Rolando 

2 commenti:

  1. Quel desiderio dell'Altro " e dell'" oltre ", quel desiderio che geme in ogni cuore... Che si fa domanda e mai risposta piena... Che si placa per un attimo nelle righe di un libro e poi cerca ancora... Che sa tutto e che non riesce in niente...
    Quante parole, ascolti, meditazioni...
    Mi chiedo, "ma questo lo so, questo è stato detto, questo già ascoltato".. E il mio" io" perché ritarda a "deporsi"??
    In una Europa impregnata di cristianesimo, troppe sovrastrutture ci allontanano dall'essenziale, eppure la Verità è così semplice!!
    Grazie Gianmaria e buona serata

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  2. Gent.le NeleNele, la tua risposta mi fa pensare all’inquietum cor nostrum di Agostino ed a quanto è difficile non solo comprendere, ma sentire ed acconsentire all’”essenziale” in questa nostra Europa disgregata, emblema di ben altre disgregazioni. Anche questo fa parte del tempo di quaresima, di un’attesa che, nella “deposizione”, scopre l’urgenza della conversione dell’essere dell’io nell’esistere-per-gli-altri. Buona domenica.

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