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domenica 31 dicembre 2017

Fine d'anno di J.L.Borges.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle quadrure (quadri-sculture) di Monica Pennazzi (qui il riferimento al sito).

Monica Pennazzi, 
Respiro
🌟Fine d’anno¹ 
Né la minuzia simbolica
di sostituire un tre con un due
né quella metafora inutile
che convoca un attimo che muore e un altro che sorge
né il compimento di un processo astronomico
sconcertano e scavano
l’altopiano di questa notte
e  ci obbligano ad attendere
i dodici irreparabili rintocchi.
La causa vera
è il sospetto generale e confuso
dell’enigma del Tempo;
è lo stupore davanti al miracolo
che malgrado gli infiniti azzardi,
che malgrado siamo
le gocce del fiume di Eraclito
perduri qualcosa di noi:
immobile.

Monica Pennazzi, 
L'uomo cosmico e la natura
💠L’intestazione. E’ già abbastanza indicativo il titolo del componimento: l’attenzione non si focalizza sull’anno nuovo, come nella più nota letteratura o nel comune sentire, ma sull’anno che finisce. La scelta quindi riguarda il passato e non il futuro – in cui si proiettano speranze, attese, desideri (spesso del tutto vani, come ci ricorda il venditore di almanacchi di Leopardi) e su cui poggiano le euforiche feste di capodanno.
La notte del primo gennaio segna la conclusione di un ciclo.

giovedì 28 dicembre 2017

Il tempo è un bambino che gioca.

Post di Rosario Grillo.
Immagini delle opere di Enrico Benaglia (qui il sito).

Enrico Benaglia, La chiave del tempo, 
pastello su carta
“Il tempo è un bambino che gioca, che muove le pedine; di un bambino è il regno” (Eraclito, Frammenti).
Il tempo: vola, si ferma, si aggomitola, si distende, si dilata. Quante forme assume?!
Dentro di me io lo sento battere, come quand’ero bambino, e provocarmi ancora il desiderio delle coccole materne. Sento in me comunque - ed è un grande dono - un tempo giovane, mentre esternamente, nel mio fisico, il tempo lavora inesorabilmente mettendo i segni dell’età che avanza.
Vexata quaestio, quella del tempo.
S. Agostino parla della sua ineffabilità e preferisce correlarlo all’anima.

martedì 26 dicembre 2017

J.L.Borges, l'enigma del Natale.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Simone Martini (1285-1344).

Giovanni I, 14¹.
Non sarà questa pagina enigma minore
di quelle dei Miei libri sacri
e delle altre che ripetono
le bocche inconsapevoli,
credendole d’un uomo, non già specchi
oscuri dello Spirito.

Simone Martini, Frontespizio 
del commento di Servio a Virgilio, 
(Miniatura)
Sin dalle prime righe J.L.Borges restituisce il Natale al Mistero biblico e teologico.
La pagina, di cui si parla all’inizio, potrebbe essere quella richiamata nel titolo, Giovanni I, versetto 14: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”. Ma (la pagina) potrebbe anche essere la stessa del componimento di Borges, in cui si immagina Gesù che narra il proprio cammino tra gli uomini.
E’ comunque un racconto enigmatico, che le bocche inconsapevoli ripetono senza scorgervi l’eccesso in esso contenuto, il sovrappiù che non proviene dall’uomo, ma dallo Spirito. Il Mistero di Dio può rivelarsi soltanto in una forma oscura, rendendosi visibile all’occhio debole dell’uomo “per speculum et in aenigmate” (1 Corinzi, 13,12).

Io che sono l’È, il Fu e il Sarà
Accondiscendo ancora al linguaggio
Che è tempo successivo e simbolo.

L’enigma del Natale è l’Eterno che si fa linguaggio, entrando nel tempo della narrazione, nella successione del prima e del poi. L’Altissimo si consegna alle parole, “accondiscende” ad esse, quindi si abbassa e si racchiude in quei poveri segni che non riescono a contenerlo, ma possono soltanto rimandare a Lui come simboli.

sabato 23 dicembre 2017

Natale, tempo di gioia. I nostri auguri.

Filippo Lippi, 
Adorazione del bambino con santi, 1460-65

🌟Natale è ormai spartiacque, momento dialettico di verità. 
Da una parte è il tempo divenuto maschera e moderna versione della medievale festa dei folli (festum fatuorum, festum baculi, asinaria…), anticamera del Carnevale che lo segue a ruota.
Dall’altra è il tempo che smaschera i falsari  e ci invita a sane  inquietudini  esistenziali.
🌟Per il credente  cristiano è il tempo dell’attesa, non passiva, di un piccolo evento di Betlemme che ha cambiato la storia del mondo.
Che ravviva di continuo la speranza.
🌟Per tutti è il  tempo della riscoperta del dono: modalità relazionale, oblativa di chi nulla chiede in cambio, anzi poi scompare, come i re magi. Dono dell’amore, misericordia, amicizia, gratuità, fiducia, ospitalità, responsabilità, del prendersi cura dell’altro. Tutte esperienze, complesse e paradossali, che non sono cose dell’altro mondo, ma  appartengono al nostro mondo, anzi ne  costituiscono il  lato critico e alternativo.

mercoledì 20 dicembre 2017

Francesco, povertà e dialogo ecumenico.

Post di Rosario Grillo
Immagini del ciclo di affreschi del pittore toscano Benozzo Gozzoli (1420-1497), presso la Chiesa di San Francesco, Montefalco, Umbria (qui il link di presentazione).

Benozzo Gozzoli, 
La rinuncia agli averi
Sono stato impressionato dalla lettura di un inserto giornalistico di Silvia Ronchey (Repubblica 30/11/17). Il titolo Buddha, Dante e il segreto di Francesco.
Si sofferma sul passaggio da Oriente ad Occidente del buddhismo, fino a coinvolgere San Francesco.
Il nucleo: il lievito spirituale della povertà. 
Il Francesco del titolo può anche essere l’attuale pontefice, che ha assunto questo nome, confermandolo con la pastorale.
Il presente viaggio in Oriente ne è una conferma.
Pastorale in favore dei poveri e dei più umili, che va intessendo rapporti di dialogo ecumenico, in questo caso con il buddhismo.
Insisto per far notare che il dialogo ecumenico, con Bergoglio, ha preso uno slancio particolare, visto che non si rivendica nessun primato ma vera parità, avvalendosi della dottrina del Dio unico.

domenica 17 dicembre 2017

Attraverso una cornice, Tino Aime.

Post di Rossana Rolando 
Immagini delle opere dell'artista piemontese Tino Aime (1931-2017, qui il sito).
In corso la mostra Il giardino fragile, Pinerolo (qui il link).

Tino Aime, Finestra
 “Ho imparato a vedere sempre tutto attraverso una cornice”
(Tino Aime, Volevo fare il pittore,  Tipolito Melli, 2015, p. 10).
Le rappresentazioni di Tino Aime sono spesso inserite all’interno di una cornice che fa parte dell'opera stessa: sono finestre incorniciate dal legno.  
In letteratura la cornice è uno strumento narrativo che viene introdotto per tenere insieme molteplici storie, raccontate dallo stesso soggetto (Le mille e una notte) o da soggetti diversi (Decameron). Ha la funzione di raccogliere, collegare, contenere tanti fili altrimenti staccati e dispersi.
Certamente il senso della finzione iconografica di Aime è, per certi versi, analogo. Nello spazio racchiuso dalla cornice c’è tutto il materiale depositato nella mente: “Immagazzinavo ogni cosa e questa è stata la svolta della mia vita. Ho imparato a vedere sempre tutto attraverso una cornice. Ogni cosa poteva essere dipinta, raffigurata, ragionata e amata, anche quella meno appariscente, nascosta, da scoprire” (ibidem, p. 10).
Tino Aime,  
Interno con bambino alla finestra, 
dipinto
Ma la cornice si presta ad essere interpretata in molti altri modi, anche contraddittori.
Può indicare il ‘guardare attraverso’, che è richiamato dall’immagine della finestra, nelle due direzioni possibili: dall’esterno verso l’interno o – più frequentemente – dall’interno verso l’esterno, giocando sul rapporto fisico e simbolico tra il dentro e il fuori, il qui e l’oltre.
Può separare il mondo fatto oggetto del dipinto - incantato e poetico - dal mondo effettivo - caotico e prosaico - , creando così una distanza tra immaginazione e realtà.
Può essere l’umile segno del frammento in cui si riverbera la bellezza del tutto…

martedì 12 dicembre 2017

Erri De Luca, "E disse".

Post di Rosario Grillo
Immagini dello scultore tedesco Ernst Barlach (1870-1938).

Era felice al vento, lo accoglieva in ascolto.
Era di quelli che afferrano una frase
dove gli altri intendono solo un chiasso
(Erri De Luca, E disse). 

Erri De Luca, 
"E disse"
Un margine sottile: su di esso corre il romanzo di Erri de Luca.
Il margine fonda l’unione del romanzo con il saggio.
Di un romanzo si tratta: ce lo indicano il flusso delle parole, lo stile poetico, l’andatura colloquiale.
Del saggio ha la profondità ed il rigore.
Romanzo che vede protagonista Mosè-Erri De Luca.
La passione per l’alpinismo di Erri è trasferita a Mosè, inventando la descrizione della scalata del monte Sinai.
Mosè è condottiero del popolo ebraico: il suo protagonismo convoglia la fisicità e la psicologia, materiale e spirituale, del popolo intero.
Dico fisicità perché il corpo e la natura, nella concretezza fenomenica,  sono presenze importanti, dentro la vicenda.
Si conferma, ancora una volta, la pregnanza e la valenza della corporeità, tipiche del pensiero Erri de Luca.

giovedì 7 dicembre 2017

I pensieri dei paesaggi di Tullio Pericoli.

Post e fotografie di Rossana Rolando.

🌟Il paesaggio pensa se stesso.
Tullio Pericoli, Paesaggio 
(dalla Mostra "Le colline davanti")
Le brevi ed intense pagine di Salvatore Settis dedicate ai paesaggi di Tullio Pericoli, in Opera incisa, (Lubrina, Bergamo 2014, p. 9), si aprono così: “Volti come paesaggi, paesaggi come volti”. Il richiamo è suggestivo per un duplice aspetto.
I paesaggi hanno un volto. Sono i paesaggi della mente, le proiezioni che il pittore introduce nel suo dipinto, le interiori esperienze che si oggettivano sulla tela. Tullio Pericoli racconta l’origine dei suoi quadri nel suo Autoritratto, ponendo se stesso in primo piano, di spalle, con lo sguardo rivolto verso le colline. Il paesaggio è anzitutto il frutto di un preciso singolarissimo modo di guardare, orientato da una personale storia, risultato della stratificazione di vicende determinate, di incontri esperienze letture che hanno nutrito l’artista in modo anche inconsapevole. Nell’intreccio tra naturalismo e astrazione, tra fuori e dentro, tra realtà e memoria, il pittore traccia le linee e le forme del proprio volto.

sabato 2 dicembre 2017

Padre Turoldo,"Canti ultimi".

🖊Post di Gian Maria Zavattaro.
Link al precedente post su Padre Turoldo.

Padre Turoldo, 
Canti ultimi
No, non c’è notte da Innominato che non possa essere squarciata da una preghiera. Perché anche il disperato spera; anche il suicida spera. Pure la morte spera; e può essa stessa comporsi in un estremo 'De profundis'. Anche il fiotto del sangue è un inaudito gemito. Anche chi grida a te da luoghi troppo profondi e ti dice di non ascoltar la tua voce, ti prega. E pure chi ti maledice, Dio, a suo modo ti innalza il suo 'De profundis' assurdo. E, presente o assente che tu sia,  sempre incombi dall’alto polo dell’abisso: ora muto come una lapide; ora tenero come una madre, gioioso di sentire pietà. Tu pure commosso ed avvilito per questo infinito dolore del mondo;  commosso per le tante vite infelici, colpevoli o innocenti che siano”(D. M. Turoldo, prologo al salmo 130 (129) Dall'abisso, in I Salmi versione poetica, ed. S. Paolo, 2016 p.4°8).

In continuità ed a conclusione  del precedente post si propongono tre passi de “LO SCANDALO DELLA SPERANZA colloquio intimo tra N. Fabbretti e D. M. Turoldo”: nei  primi due p.Turoldo ci invita a confrontarci insieme sulla morte, nel terzo a sperare tutti insieme…

🌟1. D.  È stato facile al poeta Turoldo, cantare la santità della morte per i nuovi martiri come Romero, e per tutti quelli ignoti e senza sepoltura o aureola? Un tema come il dolore e la morte non ha finito per costituire un rischio di retorica, un rischio di “edificante” e di “già detto”, anche per te?

mercoledì 29 novembre 2017

Luce e ombra.

Post di Rosario Grillo.

Ferdinand Puigaudeau (1864-1930), 
Ombre cinesi, il coniglio
Il grande dono della Vista, nel suo organo: Occhio, gioisce della Luce.
I miei occhi cerulei, d’impronta mediterranea, nel bagliore dei paesaggi siciliani, si ritrovano ogni volta felici della sovrabbondante luminosità.
Ancora conservo, negli occhi, le immagini della luce di Agrigento, sfavillante nell’arsura solare. E il concentrato di quella zona: Kaos, che al di là della “finestra di Pirandello offre lo spettacolo dei fichi d’india in fiore, delle agavi e, sullo sfondo, del mare turchese.
Luce ho ritrovato su, nei canali che attraversano Bruges, frequentati dai battelli, instancabili traghettatori di turisti.
Anche Bruges, che non sempre può godere dei raggi solari, ha magnificato la Luce nelle aree pubbliche (Markt, Burg, Zand) e nelle pittoresche e curate aree verdi, destinate a giardini pubblici.

domenica 26 novembre 2017

Tre motivi per amare la pittura di Merello.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Rubaldo Merello. 

Tre motivi per amare la pittura di Rubaldo Merello (1872-1922), la cui opera, in mostra a Genova presso Palazzo Ducale (fino al 4 febbraio 2018), è forse ancora poco conosciuta, ma non per questo meno valida e preziosa.


Rubaldo Merello, 
Rocce e pini a San Fruttuoso

💥Primo motivo. Anzitutto la vivida bellezza e la forza espressiva dei dipinti -  intreccio di colori puri e di luce – che rivela subito uno stile, un gesto artistico immediatamente riconoscibile e inconfondibile. 
Gli ulivi e i pini di Merello. Le marine di Merello. I paesaggi costieri di Merello.
La distinzione è un valore, indica l’elaborazione di un punto di vista autentico, di un proprio sguardo sul mondo, personalissimo e unico. E, nel tempo opprimente dell’omologazione, la genuinità di una singolare prospettiva è già una bella lezione, un punto d’arrivo e una conquista per tutti.

giovedì 23 novembre 2017

Turoldo e lo scandalo della speranza.

🖋Post di Gian Maria Zavattaro.

Lo scandalo della speranza: p. Turoldo “poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini, zingaro del Vangelo”. 

Colloquio intimo
tra Nazareno Fabbretti 
e David Maria Turoldo
“Un cantico alla poesia, alla resistenza, alla profondità di pensiero di David Maria Turoldo. Perché proprio la poesia è un atto supremo dell’attenzione alla vita, alla vicenda dell’uomo e dei popoli” (Giancarlo Bruni, monaco dei Servi di Maria e della Comunità ecumenica di Bose). 
“Benedico il Signore - che la mente m’ispira: per questo immane  - soffrire dei giusti per questo gioire - tante volte insperato, per questo sperare di gioire - ogni giorno: impossibile che sia il Nulla - l’estremo traguardo: impossibile sarà pensarti - come realmente tu sei, o mio Signore: sconosciuto Iddio sei tu - la nostra unica sorte” (poesia composta da p. D. M. Turoldo il giorno prima della morte) (1).
David Maria Turoldo
Sono trascorsi 25 anni dal genetliaco di Padre Turoldo (1916-1992), sacerdote nell’Ordine dei Servi di Maria, poeta, scrittore, testimone appassionato del Vangelo, predicatore di fede speranza amore, “coscienza inquieta della Chiesa” (2). Anche in noi di Persona e Comunità c’era  la volontà di non lasciar trascorrere nel silenzio la sua memoria, di dire al mondo che è vivo e presente in mezzo a noi nell’invisibile comunione dei santi. Ci è sembrata la cosa migliore selezionare e riportare, come indispensabile premessa, alcuni penetranti pensieri di p. Giancarlo Bruni (suo allievo liceale a Firenze nel 1955-58, suo confratello e con lui a Fontanella negli anni 1968-71, prima di approdare a Bose) e poi invitare noi tutti ad  ascoltare e capire p. Turoldo dalla sua diretta voce: “LO SCANDALO DELLA SPERANZA colloquio intimo tra N. Fabbretti e D. M. Turoldo”, intervista registrata a fine ’91-inizio ‘92, edita in CD dalla S. Paolo (3).

sabato 18 novembre 2017

Trasumanare, in chiave umana.

Post di Rosario Grillo
Immagini delle opere di Mirko Virius (1889-1943), pittore naïf croato, autodidatta, reduce della prima guerra mondiale e prigioniero nella seconda. Muore a Zemun, in un campo di concentramento nazista, a causa delle sue attività a favore dei contadini. 
I suoi dipinti rappresentano un mondo essenziale, legato alla terra e alle sue stagioni, segnato dalla povertà - in cui egli stesso vive - eppure attraversato da un senso profondo dell'umana dignità.

Mirko Virius, I mietitori
Mi sovviene il ritornello dei bambini, che giocano al girotondo. “Giro giro tondo, quant’è bello il mondo! …..Tutti giù per terra”.
Quel finale, giocoso e caotico per la pazza gioia dei bambini, contiene più di 1 grammo di saggezza.
La terra ci nutre, la terra ci contiene, dalla terra siamo stati creati e nella terra saremo tutti inumati.
La terra, elemento della Natura, ci spinge a guardare consapevolmente alle responsabilità che dobbiamo nutrire per essa.
Ed è una litania di suggerimenti: a non sprecare il suolo, a rispettare i cicli delle stagioni, a non violentare l’humus con concimi chimici… insomma a commisurare al rispetto verso di essa il nostro progredire tecnologico. Nella terra è inscritto il fulcro dell’umanesimo, come avevano ben compreso gli antichi e come hanno riproposto gli uomini del ’400.

domenica 12 novembre 2017

Sul cominciare. Con Calvino, Borges e Foucault.

Post di Rossana Rolando.
Immagini dell'illustratore e pittore inglese Frederick Cayley Robinson (1862-1927).

Frederick Cayley Robinson, Illustrazione 
tratta da L'uccellino azzurro di Maurice Maeterlinck
Non è l’inizio al singolare – il principio di tutto – che qui vorrei evocare, ma gli inizi al plurale, i modi del cominciare, gli atti con cui si dà avvio a qualcosa. In prima battuta mi interessa il principio della narrazione, e subito dopo l’avvio di ogni discorso, non solo in campo letterario.

🌸L’inizio del raccontare.
Nei capolavori della letteratura le parole di apertura si caricano di una grande energia, come se la potenza creativa dell’opera fosse già tutta contenuta nel principio. Per questo, come ricorda Italo Calvino - che al tema ha dedicato un libro ben noto, dal titolo Se una notte d’inverno un viaggiatore -, gli inizi dei romanzi sono generalmente più memorabili dei loro rispettivi finali. Gioia dell’inizio: questo si respira negli incipit meglio riusciti.
Frederick Cayley Robinson, 
Il mondo
Nel suo testo inedito sul “Cominciare e finire” (pubblicato in Appendice a Lezioni americane, Mondadori, Milano 2016) lo stesso Calvino descrive l’inizio come l’uscita “dalla potenzialità illimitata e multiforme” dell’esperienza - data dalla “possibilità di dire tutto”, in tutti i modi e i linguaggi possibili - per  entrare “in qualcosa che ancora non esiste”, facendo ingresso in “un mondo completamente diverso”, “un mondo verbale”. La molteplicità del reale offre un’infinita ricchezza di materiale “raccontabile” da cui lo scrittore cattura, isola, seleziona dati che poi rimescola e rielabora per dare origine alla sua storia.

martedì 7 novembre 2017

Ernesto Balducci: la liberazione.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini del pittore brasiliano Arthur Timótheo da Costa (1882-1922), con particolare riferimento alla rappresentazione di un'umanità dolente.

 Il termine “liberazione” esprime il modo proprio in cui la coscienza  cristiana degli anni 70 avverte e traduce  
il suo impegno con la storia e la sua fede in Gesù Cristo” (1).

Arthur Timótheo da Costa, 
Uomo che prega
P. Balducci scrive agli inizi degli anni '70 la voce Liberazione per il Dizionario Teologico edito nel 1974 da Cittadella. E’ fondamentale tenere presente il contesto che caratterizza quegli anni, anche per capire il coraggio di questo prete cinquantenne nell’affrontare - in termini squisitamente fenomenologici, non giudicanti ma criticamente descrittivi - un movimento “non in tutto e per tutto coerente” sviluppatosi da circa un decennio, enucleandone i tratti essenziali, la visione antropologica e cristologica. La bibliografia a fine articolo fa precipuo riferimento, oltre ai teologi della politica e della speranza, a Assmann. L. Boff, Freire, Girardi, Gutierrez, Torres.
Balducci non poteva prevedere la futura storia tormentata e conflittuale della TdL (2), ma forse oggi non sarebbe neppure sorpreso dell’attenzione che i nostri giorni stanno offrendo ai suoi “principi positivi”.

☆☆☆☆☆☆☆
Sul finire degli anni ‘60 la società occidentale è scossa dalla crisi della ideologia capitalistica e dalla critica allo sviluppo tecnocratico, ampiamente contestato sia nell’Occidente sia nei paesi sottosviluppati. Tra il ’68-‘69 in molte città  occidentali vi è come un’insurrezione ideologica, che segna – soprattutto con il maggio francese - il punto di rottura di molti giovani con le  vecchie generazioni.  
Arthur Timótheo da Costa, 
Ritratto di uomo nero
Il cosiddetto terzo mondo diventa per loro “un punto di riferimento globale contro il  primo mondo, quello dell’economia di mercato, e contro il secondo mondo,  quello della burocrazia socialista di tipo sovietico” (3). Il terzo mondo ha la sua rivincita umanistica: ai valori ed ai modelli mistificanti della società borghese la contestazione giovanile sostituisce Castro, Che Guevara, Ho Chi Minh… Nel contempo il marxismo recupera l’istanza utopica delle sue origini (Lukacs, Bloch, Garaudy, Schaff…) rimettendo in luce il Marx giovane, mentre la scuola di Francoforte (Fromm, Horkeimer, Marcuse in particolare) acquista una grande popolarità grazie all’analisi dell’”eclissi della ragione” nel mondo capitalistico e nella civiltà illuministica (4).

sabato 4 novembre 2017

La guerra, minaccia di suicidio.

🖊Post di Rosario Grillo
📷Fotografie della prima giornalista di guerra Gerda Taro (1910-1937), morta giovanissima durante la guerra civile spagnola (per un articolo di presentazione vedere qui)

Gerda Taro, Miliziana repubblicana 
si addestra sulla spiaggia di Barcellona (1936)
Età e professione mi consentono di disporre di un testo scolastico edito nel 1983 dalla Prncipato.
Il testo, polivalente, può essere usato come libro di educazione civica al biennio e al triennio. La qualità dei rimandi consentirebbe di utilizzarlo anche come testo di filosofia, dando all’insegnamento un taglio problematico.
Titolo: La pace - realismo di un'utopia -. Gli autori: padre Balducci - L. Grassi.
L’ho ripreso in mano dietro alle suggestioni provocate dall’amico Gian Maria, che sta dedicando riflessioni ai lavori intellettuali di Balducci, e in coincidenza con l’imminente consulto presso il Vaticano dei maggiori esperti del tema nucleare  (diplomatici, consulenti, esperti, uomini di fede).
Il Papa non ha tirato fuori la questione a caso.
È l’anniversario del memorandum di Benedetto XV (1917) sulla “inutile strage, finalizzato a raggiungere la pace nella fase cruenta del primo conflitto mondiale.

martedì 31 ottobre 2017

San Francesco di padre Balducci.

🖊Post di Gian Maria Zavattaro
🎨Immagini degli affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi.
 
Giotto, Stimmate 
presso il Monte della Verna
“Allora che ne è stato di Francesco? […] Io ho cercato di penetrare, per così dire,  tramite il riferimento al Cristo della Verna, in questa profondità sofferta, escatologica di Francesco d’Assisi. Per me, lo dico subito, rimane una legge, che chi ha una speranza profonda e universale è, in fondo, condannato alla disperazione o alla speranza escatologica. Chi desidera una società fraterna, giusta e in pace, deve portare questa speranza, ma se per caso questa speranza urta nell’insuccesso (quanti ne abbiamo visti!) essa si trasforma in disperazione o in  violenza. C’è nella speranza della totalità una componente implicitamente teologale che si adempie solo nel mistero del Cristo crocifisso, nell’uomo fallito per eccellenza. Noi siamo salvati da un fallimento. Perché la vittoria non è storica, è metastorica. La Resurrezione non è fatto storico in senso proprio. E’ la decisione di Dio che crediamo per fede, ma la storia sembra legata ai ritmi tragici della crocifissione. E il mistero di Francesco  per me è strettamente conforme al mistero di Cristo. Al di sotto di questo vertice inimitabile, ma ricco, nella memoria della fede, di suggerimenti, di aperture, abbiamo il mediocre e deludente accomodamento storico, non c’è dubbio”. (Ernesto Balducci, Tra istituzione e rinnovamento evangelico in Francesco un ‘pazzo’ da slegare, Atti del 40° Corso di Studi Cristiani, Cittadella ed (1° ed. 1983), 3° ed. 1997, Assisi, pp.88-89)  (1)

Lo scritto qui presentato è l’intervento di p. Balducci, sessantenne, al 40° convegno di Cittadella “Francesco un ‘pazzo’ da slegare”, i cui atti sono stati pubblicati nel 1983.

giovedì 26 ottobre 2017

L'occhio che tutto controlla (panopticon).

Post di Rosario Grillo
Premessa di Rossana Rolando e Gian Maria Zavattaro
Il dipinto di V. van Gogh, La ronda dei carcerati, è ripreso dall'incisione di Gustave Doré.

Paul Klee, L'occhio, 
1938
Il panopticon è una costruzione carceraria progettata da J.Bentham nel 1791 e ripresa da Foucault come metafora del potere nella società contemporanea: macchina di dominio sociopolitico e di controllo economico-consumistico, invisibile e onniveggente, fondata sul principio del massimo d’inconsapevole coazione e del minimo di effettiva libertà. La figura del Panopticon, che ha ispirato il grande fratello di G. Orwell, richiama il diffuso controllo odierno su ognuno di noi (attraverso tabulati telefonici, tracciati elettronici, uso di internet, persuasori occulti, ecc.). 
Ci sono interrogativi ai quali ognuno di noi dovrebbe dare risposta: Siamo ancora consapevoli ed in grado di riconoscere come estraneo un potere diventato gradualmente invisibile? Non è forse diventato un sistema “ideale” che per funzionare non ha bisogno di strutture“reali”, dal momento che viene interiorizzato  dai cittadini sin dall’infanzia attraverso processi  che di fatto sono una sorta di “addestramento”?  La rete internet può essere considerata  come il Panopticon ed al limite usata per controllare chi la utilizza? I gestori dei provider, o dei social network possono accedere alle informazioni degli utenti senza che essi lo sappiano o abbiano a loro volta la possibilità di controllare. In questa asimmetria chi controlla Internet?  
Le puntuali riflessioni di ROSARIO ci   possono aiutare a dare risposta.