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giovedì 8 giugno 2017

I sentieri dell'infinito.

Un percorso lungo i sentieri dell'infinito: tra filosofia, storia della scienza e fede.
🖊Post di Rosario Grillo
🎨Immagini tratte dall'atlante delle stelle (Harmonia Macrocosmica) del cartografo tedesco-olandese Andreas Cellarius (1596-1665).

Andreas Cellarius, Harmonia Macrocosmica, 
1660 (Sistema tolemaico)
Con poche eccezioni tutti i greci prediligevano il finito, segnacolo di ordine e di misura. 
​​Nelle eccezioni l’infinito non poteva che apparire come l’indeterminato (apeiron) o l’illimitato (atomi, chora).
​​Più avanti, pratiche magiche, ambizioni umanistiche, fervore storico, portarono il “segno” dell'infinito nel Rinascimento. È sempre un “infinito intuitivo”, per così dire “di genio”. Ne sono prova Leonardo da Vinci per un lato e Giordano Bruno per l'altro. (È necessario sottolineare la chiave limitata e limitante dell'attribuzione a Leonardo di un'idea dell'infinito.)​​
Emblematico, invece, l'eroico furore di Bruno, organon dell’infinità dell'universo. L’Eroico furore, inoltre, si relaziona all’amore intellettuale, è quindi una spia della simmetria tra macrocosmo che vibra  di infinito, e microcosmo, associabile all’“aura dell’infinito”.
​​In chiave fisico matematica, l'infinito appariva in Galilei e contribuiva al mutamento del paradigma scientifico, che andò sotto il nome di “rivoluzione scientifica”.​​
Andreas Cellarius, Harmonia Macrocosmica, 
1660, (Sistema copernicano)
Pregnanza esplicita, al punto da giustificare la stesura di un’opera manifesto sullo spirito del tempo: quella di Koyré (Dal mondo del pressappoco all’universo della precisione)
​​Koyré, collocato dentro l’equipe di una grande scuola (allievo di Husserl) e dietro la scia di una storiografia di avanguardia (Febvre, Annales), mette sotto osservazione il mutamento culturale che va dagli antichi greci alla modernità (Cartesio).
​​Non va dimenticato, infatti, che Euclide e, più in là, la scuola alessandrina, furono particolarmente geniali nella astronomia matematica. E poi, dai greci discendeva Archimede, di cui si ricordano il principio fisico e l'invenzione di importanti macchinari.
​​In più, fu proprio la diffusione dei classici greci a fecondare l'umanesimo. 
​​Purtroppo i greci restavano legati alla tecnica come arte (techne) e non possedevano il senso e il calcolo numerico: per essi la matematica si poteva applicare ai corpi astronomici e non ai corpi fisici.
Andreas Cellarius, Harmonia Macrocosmica, 
1661 (La grandezza dei corpi celesti)
​​La misurazione, invece, contraddistingue la scienza moderna: in essa determina la nascita della dinamica, aiuta l’invenzione delle macchine. Sta dietro al meccanicismo, spiega il principio di inerzia, arricchisce l'infinito dell’universo newtoniano. 
​Si compie così il salto da Cusano Campanella a Galilei Newton: nei primi due esiste ancora un nesso frenante metafisica fisica, che negli altri è troncato. 
​Topico l’enunciato di Galilei, che attribuisce un linguaggio matematico all'universo. 
Al calcolo infinitesimale il compito di concentrare dentro di sé la nuova apertura mentale.
​Ad esso contribuirono Leibniz e Newton e tra i due chi trasmise il suo sistema di notazione fu il primo.
A lui risalgono fattori determinanti per la nascita dell'informatica, collocati nel De combinatoria, ovvero entro una tecnica legata in buona parte alla rinascimentale mnemotecnica.
Andreas Cellarius, Harmonia Macrocosmica, 
1661, (Orbite planetarie comprendenti la Terra)
In realtà Leibniz mise in luce i gradini infinitesimali, il principio degli indiscernibili, un quid distinguente per cui non esisterebbe mai una monade identica ad un'altra. 
Siamo nella cifra del differenziale.
Lo spunto a riflettere su questi personaggi culturali mi è venuto da P. Odifreddi, grande divulgatore della scienza, in ispecie matematica. Solitamente figura indisponente, soprattutto per la sua onnipresenza.
​​Mi disturba particolarmente  il suo sbandierato e, debbo confessare, pregiudiziale ateismo. 
​​In quest'occasione, invece, egli è stato misurato e fecondo nella problematica proposta. 
Dell'ateismo, invece…
​​Nell’excursus si sono incontrati vari personaggi, molti dei quali hanno saputo unire alla ricerca scientifica una testimonianza di fede. 
​​Il problema ragione fede è millenario e andrebbe tenuto lontano dalla scelta, di ordine pratico, della fede. Ricorderei per questo la basica  dichiarazione del cardinale Martini: c'è più fede in un ateo che in un credente! 
​​Proviamo a dire che la fede non è una inerte contemplazione del dogma.

Andreas Cellarius, Harmonia Macrocosmica, 1661 
(Primo emisfero con il firmamento cristiano).
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3 commenti:

  1. Sembrerà piaggeria la mia, non è così, un immenso Grazie a Rossana.
    Dev'essere esplicito che l'opera di ricerca iconografica e di corredo coreografico in ogni post è opera Sua.
    In questo caso ha arricchito e completato le mie parole, trascendendole con il video finale, in cui un accompagnamento musicale ci conduce veramente sui sentieri dell'infinito.
    Potrei mettermi ancora a scrivere perché mi ha suscitato altre suggestioni. Mi limito!
    Ma voglio invitare alla lettura del commento di Silvia Ronchey apparso ieri su Repubblica. Riguarda Santa Caterina da Siena e ritrova una consuetudine sua verso l'alchimia.... Appunto, quelle scienze o pseudoscienze erano cariche di misticismo, di ansia d'Infinito!

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    Risposte
    1. Caro Rosario, riprendendo la tua chiusa con buona pace di Odifreddi, da povero filosofo quale sono, vorrei citare Florenskij, il cui pensiero conosco sicuramente in modo superficiale ma abbastanza per esserne conquistato. Per Florenskij “noi portiamo dentro il transfinito, al di là del finito; noi — kosmos — non siamo qualcosa di finito, direttamente in contraddizione con il Divino, noi siamo trans-finiti, il centro tra il tutto e il niente”. La teoria del numero “tansfinito”, simbolo della relazione logica e ontologica tra i “due mondi”, il relativo e l'assoluto, ci riporta al luogo stesso della nostra esistenza. Per Florenskij la verità del dogma si presenta sempre in termini di antinomia,sempre come frutto di tensione tra opposti (viva Cusano che so che tu ami...), tensione che è l’essenza di tutte le esperienze vitali, compresa l’esperienza religiosa e dogmatica, “mistero di preghiera e di amore”. Anzi al limite con ci può essere fede se non c’è antinomia che scomparirà solo quando fede e speranza verranno meno e rimarrà soltanto l’amore (1Cor 13,1-13).

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  2. Grazie Gian Maria! Prezioso ed integrante, come sempre il tuo commento 🕊

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