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sabato 20 giugno 2015

Carlo Maria Martini e la tradizione ebraica. Gerusalemme eccesso.

Post a cura di Rossana Rolando.
 
Il dialogo invisibile è quello di colui che percepisce l’altro 
senza che questi lo sappia, 
per tenere conto della sua esistenza, della sua vocazione, 
del suo pensiero, delle sue aspirazioni e delle sue sofferenze. 
Questo incontro invisibile, questo dialogo senza discorso, 
comincia nei nostri cuori. 
Prima che il dialogo si concretizzi, esiste 
(F. Lovsky).
Pro veritate adversa diligere
(Il motto di Carlo Maria Martini).


La chiave di lettura. 
Presentazione del libro.
Il libro di Cristiana Dobner, L’eccesso, ed. Dehoniane, Bologna 2014, ricostruisce la biografia intellettuale e spirituale di Carlo Maria Martini attraverso una chiave di lettura originale, interessante, direi anche sorprendente. Almeno su di me ha avuto questo effetto. Provo a dire perché.
La figura del cardinal Martini viene ripercorsa alla luce del suo rapporto con il testo biblico, con l’ebraismo e con Gerusalemme. E questo legame con “i fratelli maggiori” – così Martini definisce gli ebrei – questo dialogo fraterno durato tutta la vita, viene a configurarsi come una sorta di codice o di paradigma che permette di penetrare tutti gli aspetti dialogici di questa grandiosa personalità: il cardinale dell’ecumenismo e del dialogo tra le religioni, tra le culture, tra tutte le persone pensanti, siano esse credenti o  non credenti;  il fine predicatore – novello Ambrogio – della diocesi milanese, capace di entrare in comunicazione con i giovani; l’interlocutore prescelto dai terroristi incarcerati; il  promotore delle scuole di formazione all’impegno sociale e politico.

L'amore per la Scrittura.
Il pensiero teologico di Martini è totalmente filtrato dal testo biblico.  L’amore per le sacre Scritture accompagna tutta la vita del cardinal Martini, da ragazzo e da giovane gesuita, da studente, professore e poi rettore del Pontificio Istituto biblico, quindi da cardinale promotore di una seguitissima Scuola della Parola e, infine, nuovamente, da studioso presso Gerusalemme.
La cultura teologica di Martini non è frutto di una costruzione filosofico teologica, ma è l’interpretazione e l’articolazione della Parola rivelata, apprezzata anche dal punto di vista linguistico, letterario e poetico. Se pensiamo che il giovane Martini si forma nel contesto preconciliare (Martini nasce nel 1927), quando non si assiste ancora alla fioritura degli studi biblici,  capiamo che si tratta di un tratto peculiare della sua sensibilità.

Il dialogo tra ebrei e cristiani.
Premio internazionale Carlo Maria Martini 
conferito al libro di Cristiana Dobner, L'eccesso.
Ma il legame con l’ebraismo riguarda anche la cultura ebraica, considerata come radice fondamentale della cultura europea, in una continuità che non annulla e non sostituisce quella radice, mantenendo il rispetto dell’alterità. Ecco l’originalità della posizione di Martini: il popolo ebraico, inteso come soggetto teologico e religioso, nel suo rapporto speciale con Dio, va considerato un interlocutore autonomo e non un semplice precursore del popolo cristiano.
Il cristianesimo non sostituisce l’ebraismo, superandolo e negandolo: entrambi hanno e debbono mantenere la propria specifica identità. Accomunati dalla teologia dell’attesa, della messianicità, della giustizia, ebrei e cristiani non condividono il concetto di salvezza legato alla figura cristologica. Proprio quest’ultimo aspetto ha generato il primo scisma (termine introdotto in questo contesto da Martini stesso) della storia della Chiesa, quella separazione del cristianesimo dalla tradizione ebraica che, in forme diverse, ha impoverito entrambe le fedi, impedendo al cristianesimo l'esatta comprensione di sé - a partire dall'imprescindibile radice ebraica - e non permettendo all'ebraismo di essere riconosciuto nella propria esistenza, fino al rischio della sua sopravvivenza, come storicamente è accaduto.
Carlo Maria Martini riporta dunque al centro della sua riflessione teologica il dialogo tra le due fedi: chiesa e sinagoga costituiscono le due “comunità dell’alleanza”, ciascuna con la propria missione nel comune servizio di Dio.

Gerusalemme. 
Ma il discorso più ampio è quello dedicato a Gerusalemme. Come tutti sanno vi è un incontro fisico e biografico con la città: la sensazione, da parte del cardinal Martini, di appartenere a Gerusalemme e la permanenza in quella città per  la durata di circa 5 anni.
Cos’è Gerusalemme? E’ il luogo storico, allora come oggi, della lacerazione, della guerra, del conflitto, ma non è solo quello. Per Martini Gerusalemme è un simbolo, anzi una molteplicità di simboli.
1. E’ luogo teologico - fonte della rivelazione -: gli eventi cristologici decisivi si sono svolti a Gerusalemme, perciò l’eccesso, evocato nel titolo del libro, indica questo amore di Dio che eccede ogni umana previsione.
2. E’ luogo ideale: è la Gerusalemme ecumenica delle tre religioni - ebrei, cristiani, musulmani -,  è “terra dell’incontro” che rimanda alla possibilità di far convivere culture e linguaggi diversi.
3. E’ la città eterna, meta escatologica del cammino umano.
4. E’ luogo di intercessione, dove intercedere non vuol dire semplicemente pregare per qualcuno, ma - più profondamente - significa  porsi in mezzo a due soggetti in conflitto, “cercando di mettere la mano sulla spalla di entrambi e accettando il rischio di questa posizione” (p. 89).
5. E’ compito e sfida: da Gerusalemme - in tutta la sua ricca simbologia di valori - si deve ripartire per rinascere.

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