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venerdì 25 agosto 2017

Jean-François Lyotard, La condizione postmoderna.

Il postmoderno indica la fine di un senso unitario della storia concepito come progresso del sapere a servizio dell'uomo (metanarrazione). Al suo posto esplode la molteplicità delle narrazioni.
🖋Compendio a cura di Rossana Rolando del libro di Lyotard, La condizione postmoderna (l’edizione di riferimento è quella della Feltrinelli, Milano 2008).

Lyotard, 
La condizione postmoderna
Originariamente il testo è un Rapporto sul sapere nelle società più sviluppate, scritto su richiesta del governo del Quebec e poi pubblicato in Francia nel 1979. Ha la forma di un saggio suddiviso in 14 paragrafi. 
Nel presente riassunto viene mantenuta tale numerazione, con l'inserimento dei titoli di Lyotard tra parentesi. In viola sono aggiunte alcune considerazioni che riportano all'attualità.

1. Il sapere nelle società avanzate (Il campo: il sapere nelle società informatizzate).
All’inizio del primo paragrafo, il termine “postmoderno” viene delineato cronologicamente e spazialmente come periodo corrispondente alla seconda metà del Novecento nell’ambito delle società occidentali più sviluppate (verrà chiarito successivamente il  suo significato “filosofico”).
Il problema fondamentale che si pone è quello relativo allo statuto del sapere nell’età postmoderna, quando la specializzazione delle informazioni e le banche dati sono così complesse da far nascere l’interrogativo: “chi saprà?”, chi avrà accesso ai dati informatizzati? Un gruppo ristretto di persone? Lo stato? Tutti?
[Domanda di grande interesse oggi, nell’età della finanza senza volto o nell’era di internet e dei social network, strumenti che fanno sentire tutti controllati, senza poter controllare].

2. La validità del sapere (Il problema: la legittimazione).
Il sapere di cui si intende trovare la legittimazione è quello scientifico. Vi sono, infatti, due tipi di sapere tradizionalmente in conflitto: il sapere scientifico e il sapere narrativo. Il secondo verrà ripreso più avanti. In prima istanza si tratta di capire quale possa essere la legittimazione di un discorso che voglia dirsi scientifico (ovvero riconosciuto come valido). Già Platone introduceva il problema del nesso tra sapere e potere: chi ha il potere di decidere quale discorso appartiene all’ambito scientifico e quale no?
[Prima di giungere alla risposta Lyotard delinea nei paragrafi 3 e 4 le modalità di comunicazione e la funzione del sapere nelle concezioni moderne di società, per poi evidenziare il diverso sviluppo sociale nel postmoderno (paragrafo 5)].

3. La comunicazione (Il metodo: i giochi linguistici).
Sulla scorta di Wittgenstein, Lyotard distingue i vari tipi di enunciati (chiamati appunto “giochi linguistici”): denotativi, quando vogliono descrivere qualcosa (es. l’università è malata); performativi, quando indicano il funzionamento e l’efficienza (es. l’università è aperta); prescrittivi, qualora si presentino come regole (es. date i mezzi all’università); interrogativi, quando si costruiscono nella forma della domanda. Ogni gioco linguistico, per essere tale, deve seguire precise regole (come il gioco degli scacchi che presuppone le proprietà e il modo corretto di collocare ciascun pezzo). Lyotard denomina “mossa” ogni enunciato emesso dai vari giocatori nella dinamica della comunicazione, secondo le regole del gioco da tutti accettate. Il parlare viene paragonato ad un combattimento, un agone, in cui ciascuno avanza le sue mosse.

4. La concezione della società nella modernità (La natura del legame sociale: la prospettiva moderna).
Nella modernità il sapere viene concepito in due modi: 
- come necessario al funzionamento della società considerata alla stregua di una macchina (sistema) 
- come via per contestare il potere, secondo la concezione dualistica di Marx che divide la società in due classi.

5. La società postmoderna (La natura del legame sociale: la prospettiva post moderna).
Lyotard ritiene che i due modelli di società descritti (sistema o conflitto) non siano adatti alla comprensione di società più evolute (postmoderne). La tesi è la seguente: la società postmoderna è destinata ad essere sempre più meccanizzata con l’introduzione di automi programmati. Il vero potere è quindi nelle mani dei decisori che dispongono - e sempre più disporranno - delle informazioni necessarie alla programmazione e al controllo degli automi. In questo processo perderanno potere le classi politiche tradizionali, gli stati nazione, i partiti, a favore di alti funzionari, dirigenti e capi d’impresa. [Quindi il problema del sapere e del potere si pone in una forma che può sfuggire del tutto alle tradizionali forme di controllo, come in effetti è avvenuto. Si pensi alla perdita di potere degli Stati nazionali].

6. Il riconoscimento del sapere narrativo (Pragmatica del sapere narrativo).
Si ritorna quindi al problema della legittimità, a partire dal sapere narrativo in cui si è depositata – nelle società tradizionali – la cultura di un popolo. La narrazione contiene, al suo interno, molti giochi linguistici e non soltanto gli enunciati denotativi tipici della scienza. Inoltre il racconto possiede una legittimazione che deriva dall’avere sentito raccontare (chi racconta ha, a sua volta, ascoltato). La scienza invece non è legittimata dall’oralità della narrazione e perciò – nel corso della storia occidentale – ha dovuto fare i conti con il problema della validità del suo sapere.

7. La convalida del sapere scientifico (Pragmatica del sapere scientifico).
Agli inizi della modernità il sapere scientifico - che esige l’utilizzo di un solo gioco linguistico, quello denotativo - è rimasto al di fuori della comunicazione interna al corpo sociale, richiedendo competenze non assimilabili da tutti (richiedenti una memoria di tutti i passaggi precedenti). E’ nato quindi il problema del rapporto tra istituzione scientifica e società. L’eterogeneità dei due suddetti tipi di sapere è totale, poiché utilizzano diversi giochi linguistici ed hanno caratteri propri (per cui sarebbe assurdo lamentarsi della “perdita di senso” della scienza, non essendo essa una narrazione, p.51). Eppure, nella modernità, si è preteso di far nascere il sapere scientifico dal sapere narrativo, concependo il secondo come un embrione del primo. Viceversa, il sapere scientifico ha sempre considerato il sapere narrativo come prodotto di una mentalità arretrata e oscurantista, nutrita di favole non fondate e non sottoposte all’argomentazione e alla prova.

8. L'uso della narrazione in campo scientifico (La funzione narrativa e la legittimazione del sapere).
L’emancipazione dal sapere narrativo - afferma Lyotard – qualifica il postmoderno. Anche se la forma narrativa non è mai abbandonata del tutto. Basti pensare allo scienziato che ricorre al racconto per spiegare le sue scoperte ad un pubblico non specializzato. Quindi il discorso narrativo non è del tutto escluso nella comunicazione scientifica, anzi costituisce una forma di linguaggio di cui si ha bisogno per porre lo stesso problema della legittimazione del sapere scientifico (p. 54).
Tale questione può esser fatta risalire a Platone e al suo mito della caverna (libri VI e VII della Repubblica), laddove si racconta come gli uomini preferiscano vivere in un mondo di favole, finendo con l’uccidere colui che vuole farsi portatore del vero sapere. Quindi ciò significa che il sapere scientifico deve ricorrere all’altro sapere (quello narrativo, da lui concepito come il non sapere) per far sapere di essere il vero sapere (p. 55). Lo stesso Cartesio - al fine di fondare la scienza - racconta la sua storia, costruendo una specie di romanzo di formazione, noto con il nome di Discorso sul metodo.
Nella storia del pensiero scientifico moderno, parallelamente alla ricerca di un criterio di validità e verità interno al discorso scientifico e non fondato su autorità trascendenti si sviluppano le grandi narrazioni storico filosofiche.

9. I grandi racconti sul progresso tipici della modernità (Narrazione e legittimazione del sapere).
In questo paragrafo vengono enucleate le grandi narrazioni della modernità. Nell’illuminismo l’umanità viene concepita come soggetto che ha diritto al sapere scientifico, contro ogni tirannia ecclesiastica o politica che vorrebbe impedirlo, per raggiungere la libertà. L’idea del progresso scientifico si ritrova anche nelle scelte politiche (espressione del nuovo ceto borghese, fautore di istituzioni liberali), allorché lo stato si fa carico dell’istruzione e della formazione del popolo.
Nell’idealismo il soggetto della storia non è il popolo, ma lo Spirito che si realizza in ogni dimensione del reale (Sistema). Le varie scienze particolari vengono ricollegate all’interno della vita dello Spirito e del suo processo (L’Enciclopedia di Hegel raccoglie questo progetto totalizzante).
Nel marxismo il soggetto della storia torna ad essere concreto ed è costituito dal proletariato. Il sapere privilegiato, in questa narrazione, non è di tipo denotativo (es. La terra gira intorno al sole), ma prescrittivo (es. Bisogna fissare il salario minimo a x franchi), ad uso dell’emancipazione della classe operaia e, con essa, di tutta l’umanità oppressa.

10. L'incredulità postmoderna (La delegittimazione).
I grandi racconti della modernità  hanno perso credibilità nel secondo dopoguerra. Vengono enucleate le motivazioni:
Piano speculativo. Citando lo stesso metodo nietzschiano, Lyotard ritiene che le meta narrazioni utilizzate per legittimare il sapere abbiano perduto esse stesse la legittimazione (nel momento in cui la stessa esigenza di legittimazione è stata applicata ad esse).
Piano pratico. La pretesa emancipativa delle metanarrazioni si sfalda quando si comprende che i giochi linguistici sono diversi e non legittimabili da un unico metalinguaggio: la scienza utilizza enunciati denotativi (es. La porta è chiusa), la prassi fa riferimento a prescrizioni (es. Aprite la porta) e tra i due non vi è alcuna consequenzialità. La scienza quindi ha una sua autonomia conoscitiva che rimane del tutto scissa da altri ambiti (etico e politico).  Questa estraneità della scienza al piano prescrittivo è stata ben colta da filosofi come Wittgenstein, Martin Buber, Emmanuel Lévinas. 
Piano epistemologico. La specializzazione dei saperi non ammette la possibilità di un’unica legittimazione.

11. L'utile al posto del vero e del giusto (Ricerca, legittimazione, performatività).
[Nei paragrafi 11 e 12 Lyotard descrive quanto accade, pur non aderendo totalmente alla situazione che si è venuta a creare. La sua proposta sarà affidata all’ultimo paragrafo, il numero 14].
Allo sfaldamento delle grandi narrazioni subentra, come criterio di legittimazione della conoscenza, l’efficienza (maggiore produttività e minore spesa). La ricerca viene promossa nel momento in cui genera ricchezza. Le grandi narrazioni idealista o umanista (p. 84) vengono abbandonate dallo Stato o dalle imprese a favore della potenza. Si assumono scienziati e tecnici e si acquistano apparecchiature (quindi si dispongono finanziamenti) per incrementare la potenza e non per sapere la verità. E’ legittimo che la forza vada a sostituire ciò che è giusto e vero? Il fatto è che finisce con l’avere ragione ciò che ha più capacità (finanziaria) di essere provato. Così viene assunto come vero e giusto ciò che può essere attuato (performatività), ciò che si può fare (indipendentemente dalla liceità morale del poterlo fare). Nelle società postindustriali quindi è l’incremento della potenza ad avere la meglio. I settori di ricerca che non servono ad ottimizzare il sistema vengono lasciati da parte (non finanziati).

12. La scuola a servizio del sistema sociale (Insegnamento, legittimazione, performatività).
Il criterio della performatività coinvolge anche l’aspetto della trasmissione del sapere. La politica universitaria dell’insegnamento è a servizio del sistema sociale costituito, quindi [come prevede Lyotard e come si è oggi avverato] saranno maggiormente richiesti esperti del settore telematico: informatici, matematici, logici, cibernetici… Nel contesto della delegittimazione del sapere narrativo sarà più importante formare  persone con competenze specifiche (medici, amministratori, tecnici…) rispetto a persone che coltivano ideali. Infatti, gli studenti di lettere e scienze umane sono e saranno in sovrannumero rispetto agli sbocchi professionali (v. p. 90).
Lyotard nota come non siano i consigli dei docenti a stabilire le somme di denaro di cui ha bisogno la ricerca: essi possono solo distribuire ciò che viene loro attribuito. Quindi è il potere che decide quali settori del sapere promuovere e naturalmente promuoverà quelli che servono ad ottimizzare il funzionamento sociale.
Anche l’insegnamento inteso come trasmissione di conoscenze potrà essere sostituito da una banca dati informatica. Ciò che dovrà essere insegnato non è tanto l’insieme dei contenuti – che potranno essere accessibili attraverso il computer – ma l’uso dei terminali e il modo in cui cercare i contenuti.
Nell’ottica del sapere narrativo (che mira alla realizzazione spirituale e all’emancipazione umana) sembrerebbe una perdita la sostituzione parziale degli insegnanti con macchine (si pensi oggi agli sviluppi di internet), ma nel venir meno delle grandi narrazioni la domanda che interessa (studente, stato, istituzione di insegnamento) non è più: “è vero?” o “è giusto?”, ma “a che cosa serve?”, “si può vendere?”, “è efficace?”.
Conclude Lyotard affermando che, “la delegittimazione e il prevalere della performatività suonano a morte per l’era del professore” che può essere facilmente sostituito dalle memorie di dati elettroniche.

13. La scienza e la rinuncia al sistema (La scienza postmoderna come ricerca delle instabilità)..
La scienza, comunque, anche in assenza delle meta narrazioni (che rifiuta) ha bisogno di un criterio di legittimazione, che non sia la sola performatività: non è la filosofia che glielo impone, è un’esigenza interna al sapere scientifico.
Questo paragrafo dedicato agli sviluppi in campo logico matematico e fisico intende mostrare, sulla scorta delle teorie di Gödel e Thom, che la scienza stessa ha rinunciato alla pretesa di un sapere totalizzante, sistemico, per affrontare e risolvere problemi locali e parziali, secondo un approccio sempre relativo. Lyotard conclude dicendo che la scienza si avvale di piccole narrazioni, con l’obbligo di verificarle.

14. L' invenzione di nuove “mosse” comunicative del sapere, spesso non riconosciute sul campo (La legittimazione per paralogia).
Quindi il problema della legittimazione del sapere viene riproposto nel paragrafo conclusivo e va a coinvolgere il sapere scientifico (enunciati denotativi), ma implicitamente anche altri tipi di enunciati (prescrittivi, estetici, politici). Naturalmente sono escluse le grandi narrazioni, ma è anche rifiutato (da parte di Lyotard) il criterio del consenso elaborato da Habermas sotto la forma del dialogo. Esso, infatti, implica la validità della narrazione emancipativa e, inoltre, può essere manipolato. Perciò Lyotard introduce una legittimazione fondata sulla paralogia che fa leva sul dissenso anziché sul consenso (il quale serve a salvaguardare un sistema stabile e non accetta teorie destabilizzanti). La paralogia certamente rifiuta una ragione unica, totalizzante, fondata su una sola grande meta narrazione e utilizzante un unico metalinguaggio, ma non per questo implica la fine della razionalità: si tratta di esercitare la ragione su singoli segmenti della comunicazione (data la molteplicità dei giochi linguistici), in modo provvisorio e reversibile, con un consenso locale ottenuto momento per momento dagli interlocutori. Questa razionalità frammentata e a breve termine rispecchia anche l’evoluzione della società e dei suoi contratti limitati nel tempo e non più definitivi (sia in campo professionale, sia nei rapporti affettivi e sessuali).
Tali “mosse” paralogiche - argomentate volta per volta - saranno tanto più capaci di controllare e regolare il sistema del mercato (limitando quindi il semplice criterio della performatività con l’esigenza di giustizia e di eguaglianza democratica) se il pubblico che ha accesso alle banche dati diverrà sempre più vasto attraverso l’informatizzazione della società. [E qui Lyotard sembra preludere ad una estensione dei dati e delle informazioni - che si è realizzata oggi attraverso internet - in termini positivi di ampliamento delle possibilità di intervento e di controllo democratico da parte dei cittadini].

8 commenti:

  1. Mariapaola Benedetti25 agosto 2017 alle ore 13:43

    Ben vengano riassunti e commenti. grazie

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    1. Grazie di cuore per l’accoglienza. Buon fine settimana.

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  2. Lyotard, Lacan, Foucault, Derrida non formano una scuola, ma per settori distinti applicano uno stesso metodo, che in Francia riporta a Cartesio.
    Ricordo una certa pregiudiziale indifferenza della cultura italiana più accreditata.
    Accusiamo , per questo motivo, un ritardo. Oggi, la realtà che ci circonda conferma la ricchezza di quelle analisi.

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    1. Grazie Rosario, interessante questa tua notazioni sui nostri ritardi storici. Credo più che mai che ci sia bisogno di filosofia, anche in questa veste di teoria critica della società, per guardarea distanza e interpretare il tempo in cui viviamo. Nel capire è già insita una forma di liberazione. Un abbraccio.

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  3. Credo che sia necessario sottolineare l'importanza dell'argomento col dirci che non possiamo cessare di essere accorti....decisi....e vigilanti perché la cultura prosegua e accetti giudizi .....la cultura siamo noi e abbiamo bisogno di conoscerci sempre più......

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