Emmanuel Mounier |
Il
personalismo di Mounier (1905-1950) non è
un sistema speculativo né una
macchina politica. E’ una filosofia (spesso snobbata dagli accademici e vista con sospetto da certa
gerarchia ecclesiastica), però “provvisoria”, che esige di essere superata
nella misura in cui si realizzano le persone
e la comunità. Anti-ideologica per vocazione, si oppone ad ogni distorsione
mistificatoria del pensiero in funzione di interessi particolari e intende smascherare il “disordine stabilito” ed ogni
forma di potere che minaccia la libertà delle persone. E’
“lotta per l’uomo”, “pensiero combattivo”, “progetto”, “engagement” (termine da lui usato molto prima di Sartre).
Sin dai primi numeri della rivista Esprit (da lui fondata nel 1932) esplicite sono le istanze fondanti: 1. collocarsi nel cuore della miseria in tutte le sue forme; 2. rompere con il “disordine stabilito” che dietro un'apparenza di ordine e legalità democratica è in realtà ingiusto ed ineguale, perché il potere del denaro non si esercita solo in fabbrica ma nella manipolazione dei media e dei partiti, rendendo illusoria ogni libertà; 3. affermare il primato della persona e dello spirituale - valori non solo cristiani - nella relazione con gli altri, nel costruire una comunità di persone; 4. prendere congedo dalla “cristianità borghese” attraverso una permanente rivoluzione prima di tutto morale che chiarisca ai “fraterni avversari”, come Nietzsche e Marx, che il cristianesimo non è una caricatura borghese.
Sin dai primi numeri della rivista Esprit (da lui fondata nel 1932) esplicite sono le istanze fondanti: 1. collocarsi nel cuore della miseria in tutte le sue forme; 2. rompere con il “disordine stabilito” che dietro un'apparenza di ordine e legalità democratica è in realtà ingiusto ed ineguale, perché il potere del denaro non si esercita solo in fabbrica ma nella manipolazione dei media e dei partiti, rendendo illusoria ogni libertà; 3. affermare il primato della persona e dello spirituale - valori non solo cristiani - nella relazione con gli altri, nel costruire una comunità di persone; 4. prendere congedo dalla “cristianità borghese” attraverso una permanente rivoluzione prima di tutto morale che chiarisca ai “fraterni avversari”, come Nietzsche e Marx, che il cristianesimo non è una caricatura borghese.
K. Marx |
F. Nietzsche |
Mounier
indica al cattolicesimo nuove strade di
libertà, di speranza (“ottimismo tragico”!), contribuendo non poco al risveglio in politica e influendo fortemente sulle generazioni 1940-70
Ostile
ad ogni manifestazione di clericalismo,
non ha mai inteso fare una filosofia specificamente cristiana, ma una filosofia sulla persona, comune a tutti, cristiani o no.
Tra i molti suoi interventi, sono note le
sue perplessità nei confronti della nascente DC italiana, le prese di posizione a fronte del poco
evangelico silenzio della curia romana sulla conquista italiana dell’Etiopia e poi dell’Albania. Scrive
nel 1949: “Ci sono cattolici di destra e cattolici di sinistra: è un fatto ed è
un fatto opportuno. Ciò prova che il cattolicesimo
supera tutte queste vicende politiche. Se si colpissero apertamente nella
Chiesa i cattolici di destra, io domanderei per essi il diritto
all’espressione”. “Non progressisti
perché cristiani” ma neppure “reazionari perché cristiani”. Il suo pensiero non è una varietà di cristianesimo
di sinistra, anche se i suoi
atteggiamenti pratici e le sue scelte, specie negli ultimi anni di vita, si sono orientati a sinistra.
Nel
corso della sua vita il cattolico
Mounier si trova sovente più a suo agio nel mondo laico, anche tra gli atei, che non negli ambienti ”cristiani”,
ivi compresi quelli di sinistra, perché troppo immersi in un’atmosfera di sacrestia
che confonde sacro e profano.
Dopo il Concilio Vaticano II |
Tutto
ciò, a distanza di 70 anni, potrebbe apparire
ovvio,
ma solo dopo il Concilio Vaticano II, che di fatto ha inverato vari aspetti del suo pensiero. La vita di M. è stata tutta un atto di presenza
agli uomini ed agli avvenimenti del suo tempo. Ha conosciuto sofferenza e dolore, toccato nel vivo della sua carne
soprattutto per la vicenda della
primogenita Francoise, presto colpita da encefalite e destinata a vivere in una
“misteriosa notte profonda dello spirito”
(morirà 4 anni dopo il padre). La prigione
sotto Vichy, i digiuni quando erano cosa seria e non moda festaiola e spettacolare, la sua
proverbiale timidezza unita a tensione morale che mai si piega a compromessi,
la sua generosità e disinteresse, il coraggio della resistenza politica legano in coerente unità il piano dei concetti ed il concreto del suo
vivere. Rimane,come motivo dominante
e sua testimonianza, il richiamo
all’impegno, a vivere la politica come
forma efficace di amore, ad essere testimoni di autentica cittadinanza e
per i cristiani di fedeltà alla terra ed a Dio.
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