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domenica 12 febbraio 2017

Pane nostro, P. Matvejevic.

La figura di Pedrag Matvejevic: la “jugoslavità”; il socialismo umanitario; l'identità includente del Mediterraneo; la lotta per la libertà; i libri, tra cui "Pane nostro".
🖊 Post di Rosario Grillo
📷 La fotografia di Predrag Matvejevic è tratta dal Corriere della sera/Cultura. 
🎨 Le altre immagini riproducono illustrazioni di Stefano Nava (qui il sito).

Predrag Matvejevic
I mezzi di informazione non si sono soffermati a sufficienza sulla comunicazione della morte di Pedrag Matvejevic (7 ottobre 1932 - 2 febbraio 2017).
Queste righe vogliono dunque essere innanzitutto un contributo a ricordarne la figura, a passare velocemente in rassegna i suoi decisivi contributi storici.
Dal ricordo tracciato da Vittorio Filippi (cliccare qui) traggo innanzitutto la sua “jugoslavità”, una fede vissuta nel nome dell'unità dei popoli balcanici.
Tanto più significativa dopo la partecipazione al conflitto mondiale, dove, egli di provenienza russa, fece il lavoro di “gazzetta” dei partigiani titoisti.
Assunse, così, attraverso l'esperienza del padre prigioniero nei lager nazisti, un incrollabile fede nell'unità attraverso la pace, sotto lo scudo della Libertà.
Stefano Nava, 
Memorie di viaggio
Nato a Mostar, si può pensare che assorbisse dall'ambiente bosniaco la scelta in favore dell'unità “crogiolo di diversità”.
E per l'unità jugoslava si spese acquisendo una posizione socialista umanitaria, non dogmatica.
Inevitabile il suo scontro con Tito prima, e con i fautori (ed autori) della divisione, imbevuti di nazionalismo.
Nella formazione e nei suoi studi acquistò un ruolo centrale l'umanesimo, colto nella matrice europea, comparata con il laboratorio-fulcro: il Mediterraneo.
A questo mare dedicò importanti libri, a partire da “Breviario Mediterraneo”.
In questo mare, per Matvejevic, si concentra un prodotto non artefatto, una concretazione di civiltà, segno di una identità forte.
Stefano Nava, 
Terra d'attesa
Di una identità includente e non escludente: che, difatti, oggi si riattiva per aprire le braccia dell'accoglienza ai popoli, emigrati dall'Africa.
Ostinata e combattiva, tra molti di sorpresa e di disapprovazione, la sua partecipazione a tale fenomeno.
Da qui la sua delusione - ricordiamo che prese la cittadinanza italiana - davanti al recente schieramento, neonazionalista e venato di xenofobia, di tanta parte della società italiana, riunita sotto un assurdo credo identitario (vetero-cristiano) contrario all'accoglienza.
Per questo è opportuno ricordare l'esperienza che egli aveva fatto dell'esilio e di rifugiato, quando, fin dai tempi di Tito, e poi negli anni della guerra civile, aveva combattuto per la libertà e per la concordia, raccogliendo il tutto nel romanzo epistolare “Tra asilo ed esilio” (Meltemi).
Ai regimi che si instauravano nella ex Jugoslavia appioppò a ragione la definizione di “democrature”, caricature pericolosamente fatali della democrazia.
Stefano Nava, 
Pane
Adesso ho preso in mano e mi accingo a leggere il suo “Pane nostro”, un'opera che rispecchia la sua poliedrica cultura, cucinata al fuoco della antropologia.
La chiave di volta si trova in una idea di cultura, che rifugge dall'astratto, che frequenta e padroneggia il lato materiale: usi,costumi, cibi, convinzioni, dialetti, viaggi e strumenti di viaggio.
Matvejevic vede nel pane un cibo universale, sospeso tra divino ed umano, tra rivelazione e secolarizzazione: codice comportamentale comune a tutto l'essere umano.
Enzo Bianchi, che ne scrive la prefazione, induce a riflettere sulla radice della parola com-pagni, per trarre conferma del dato umanistico incontrovertibile, e segnare con decisione radicale l'origine prima della relazione umana: pane-amore, pane-accoglienza.
Tra le righe vi troviamo la ragione della scelta matvejeviciana del socialismo (libertario si intende). Il pane, perciò, assume la veste del prodotto che non si presta, in nessun modo, a diventare merce di scambio e quindi di profitto.
Stefano Nava, 
Mc 6, 37
Esso rimane piuttosto: segno e veicolo della relazione paritaria, mossa dalla cifra della com-passione.
“Il pane contiene il valore aggiunto di popoli che lo hanno impastato per offrirlo alla divinità, con gesto di restituzione: con lievito o senza, con sale o senza, con il sangue o senza. Il cristianesimo nell'eucarestia trasforma il pane in carne, il carboidrato della terra in proteina celeste. Cristo è manna che fa il viaggio opposto. Da qui il profumo sacro che accompagna, almeno accompagnava, il pane sulle mense” (Erri De Luca, postfazione).

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Per altri post con le illustrazioni di Stefano Nava:
Profeti oggi, con Péguy. 
La memoria e l'albero. 
Dare senso alla quotidianità delle piccole cose. 

3 commenti:

  1. SAE Segretario Attività Ecumeniche12 febbraio 2017 alle ore 10:21

    Fatica a restare su "pensatori e scrittori" del vicino Est, davvero. Perchè?

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  2. Non c'è giorno migliore della Domenica per meditare sul pane. Non ne ho in casa. Vado a comprarlo e niente panini. Un bel pane da spezzare virtualmente con voi tutti. Buona Domenica e Cin Cin!

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