Pèguy (1873-1914)
Charles Pèguy in un dipinto di Jean Pierre Laurens |
Figlio,
come tutti, della storia e della cultura del suo tempo, Pèguy è tuttavia
colui che non si può “annettere”, perché ha maturato una filosofia libera
da ogni condizionamento ed esplicita influenza. Inizialmente focoso seguace del
partito socialista francese, si impegna appassionatamente nell’Affaire
Dreyfus, schierandosi in difesa di Dreyfus innocente, vittima di una infame
macchinazione antisemita. Si allontana poi progressivamente dal movimento
socialista, fonda i “Cahiers”, che si propongono di dire sempre null’altro che
la verità, e nel 1908 con il dramma “Giovanna d’Arco” si orienta
decisamente ed indelebilmente verso la fede cattolica cristiana, vissuta sempre
in modo tanto intenso quanto personalissimo, nell'intuizione profonda del
legame indissolubile tra lo spirituale ed il temporale. Il primo agosto del
1914 riceveva l’ordine di mobilitazione, esattamente il giorno dopo
l’assassinio di Jaurès, suo vecchio amico ornai ideologicamente distante.
Il 5 settembre cadeva sul fronte della Marna, ucciso dal fuoco nemico.
L’opposizione
di Pèguy ad ogni sistema volto a codificare la realtà in
regole fisse, lontane dall’esperienza concreta, non è mai piaciuta alla critica
accademica che continua a rimproverargli una non ben definita
elaborazione dottrinale e non gli riconosce che un ruolo marginale nel
dibattito filosofico. Ma per Pèguy non esiste pensiero se non liberato da
ogni intellettualismo, se non aperto all’esperienza e alla realtà variegata
della vita, se non duttile, capace di “conoscere” più che
“ordinare e controllare”. Questa sua singolarità favorisce
nel lettore il sorgere di un’empatia che lo pone nella condizione di assaporare
la ricchezza del suo mondo interiore, entrare in sintonia con il suo
pensiero intriso di spiritualità, di poesia, di passione etica, di
sensibilità propria di una persona umile e partecipe dei problemi degli altri,
disponibile a rispettare ogni diversità e riconoscere l’altrui onestà. La
sua è una filosofia inquieta, che non si placa nelle certezze
acquisite ma vuole ascoltare la vita e parlare di ciò che questa le porge nella
sterminata varietà dei suoi avvenimenti. Péguy propone di guardare se
stessi ed il mondo senza schemi precostituiti in cui circoscriverli o ridurli,
di pensare e ripensare continuamente i problemi, gli incontri, gli
avvenimenti che si presentano: un procedimento ed un itinerario che non
finiscono mai di costituirsi e di concludersi. Nell’unire in modo
indissolubile conoscenza ed esperienza, pensiero ed azione, ci educa e ci
invita a seguire la vita delle persone dal vivo, a porgere
ascolto al “popolo”, a farci carico dell’umanità oppressa dalle
ingiustizie, che deve essere liberata e sgravata da qualsiasi
servitù non solo economica ma prima di tutto morale ed
intellettuale, per avviarla a destini nuovi, alla formazione di
persone nuove, libere anche da chi le ha aiutate a liberarsi. Nella sua
inattualità Pèguy è forse più attuale che mai.
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